I viaggi per libri di Eraldo Affinati

4 Gennaio 2024

Eraldo Affinati è un narratore e un saggista particolarmente attento all’etica civile, che lo contraddistingue sia nella scrittura sia nel mestiere di docente, esercitato da molti anni nella scuola pubblica, sia nell’impegno nella Scuola Penny Wirton, fondata con la moglie Anna Luce per l’insegnamento gratuito della lingua italiana ai migranti.

Delfini, vessilli, cannonate, il suo ultimo libro, è un originale caleidoscopio letterario, una raccolta di saggi e articoli tenuta insieme dal filo della curiosità e dal gusto di leggere. Da donare ai più giovani per stimolarli a scoprire tracce e passioni letterarie, e agli adulti che non vogliono smarrire il desiderio di saperne e di capirne di più. Tanti gli autori letti e raccontati: Anton Cechov, Friedrich Dürrenmatt, Joseph Conrad, Ernest Hemingway, Lev Tolstoj, Raymond Chandler, Harold Bloom, Ian McEwan, Mario Rigoni Stern, Daniele Del Giudice, impossibile citarli tutti. Leggendolo, ho seminato molti segnalibri tra le pagine, uno l’ho posizionato accanto a un ricordo di Dietrich Bonhoeffer, il filosofo e teologo fatto uccidere da Hitler pochi mesi prima del crollo della Germania nazista; scrive Affinati: "Bisogna entrare in azione là dove siamo, qui e ora, non chissà dove o quando, quindi coi limiti che abbiamo".

Qual è il filo che tiene insieme questo zibaldone di articoli, recensioni, diari di viaggio? Questo catalogo di interessi letterari? Bisogna partire dalle ultime pagine per capirlo, dall’indice, che li divide seguendo ventuno temi in bilico tra autobiografia e scrittura civile: adolescenza, amicizia, antenati, coraggio, Dio, esilio, famiglia, giustizia, guerra, Italia, libertà, macerie, madre, memoria, padre, responsabilità, rivoluzione, sapienza, scuola, senilità, tempo.  Ognuno è preceduto dalla citazione di una scrittrice, ognuno concluso da una prosa poetica dello stesso Affinati. I brevi saggi non sono accompagnati da note, ma una ricca bibliografia e un indice dei nomi aiutano chi desideri approfondire un autore o un’opera. 

Nell’introduzione Affinati spiega che risale alla sua adolescenza l’abitudine di scrivere con il lapis impressioni, giudizi, riassunti, intemperanze. Note che sono state le progenitrici di molte recensioni scritte da adulto, anche di quelle inserite in quest’opera. La scioltezza espositiva dell’autore non deve ingannare, la stesura di Affinati è sorretta da tre regole imprescindibili: verificare le fonti, rinnovare l’esperienza, farsi trovare pronti.

Eraldo Affinati © Loïc Seron - Venezia, giugno 2017
Eraldo Affinati © Loïc Seron - Venezia, giugno 2017

 

Affinati racconta con la partecipazione del viaggiatore che annota impressioni e ricordi, con la vocazione pedagogica dell’insegnante che sente il dovere di farsi capire e con la sapienza lirica del buon narratore. Non a caso, uno dei libri più amati e meglio descritti è Il viaggiatore incantato di Nikolaj Leskov: le peripezie di un ex cocchiere divenuto viandante, sempre pronto a cadere in nuove e a volte improbabili avventure, e a raccontarle, sorretto da un’indomabile curiosità verso gli altri e verso il futuro.

Ci sono almeno due modi per stimolare la passione per la letteratura, entrambi necessari e complementari: quello del ricercatore, che approfondisce fonti e richiami, prezioso per ampliare la conoscenza di uno scrittore ma a volte poco fluido nella scrittura, e quello di chi punta soprattutto a far capire il senso di un’opera e le peculiarità di un autore utilizzando uno stile narrativo molto accurato, ma con un’attenzione più contenuta alla ricerca documentale. Affinati rientra nella seconda schiera di letterati, che nel nostro Paese comprende autori come Pietro Citati e Claudio Magris. Giunti all’ultima pagina del libro, si esce da quella che lui stesso definisce “un’autobiografia letteraria”, arricchiti di stimoli conoscitivi in parte appagati, in parte desiderosi di saperne di più.
Interessante che, oltre ai tanti brevi saggi, il libro contenga anche un dialogo con Sergio di Benedetto, docente e attento ricercatore. Due mondi diversi che si confrontano, con intrigante sinergia, su uno dei maggiori narratori del nostro Novecento: La responsabilità del sottufficiale. Mario Rigoni Stern. Lo scrittore dell’altipiano dei Sette Comuni è per entrambi un simbolo dell’uomo che sceglie di essere responsabile, di essere trait d’union tra ufficiali e soldati, guidando gli altri con l’esempio, verso la salvezza. Affinati, va ricordato, ha curato il corposo Meridiano Mondadori che raccoglie la maggior parte delle opere di Rigoni Stern.
Questa sorta di biblioteca portatile, di repositorio personale dello scrittore, non è mai mera illustrazione; c’è sempre una riflessione o un appunto di viaggio che non consente di chiudere il testo in una gabbia critica definitiva, e rende invece possibili interpretazioni e impressioni diverse. Più che un libro-libreria, è un motore di ricerca, da assorbire con lentezza, per ampliare conoscenza e capacità di comprensione.
Si può immaginare che, accanto al desiderio di comunicare, di far scoprire ai lettori autori e opere, sconosciuti o dimenticati o non compresi del tutto, in Affinati sia stato trainante anche il piacere di confrontarsi con se stesso, con opere legate a fasi diverse e lontane della sua vita, per non perderne la memoria.
Certi libri sono stati un ponte per far capire ai suoi studenti che la letteratura non è solo una materia di studio, può divenire fonte di avventure, scoperte, e può dare coraggio nell’affrontare le difficoltà della vita. Jack London, ad esempio, è stato un autore grimaldello, per avvicinare alla lettura anche i ragazzi più diffidenti.
Il piacere del viaggiare leggendo, di incrociare culture e genti diverse, è affiancato a volte dalla malinconia, percepita davanti a una tomba apparentemente dimenticata. Così davanti a quella di Joseph Conrad a Canterbury, con il ricordo di Lord Jim, edizione Garzanti, letto da ragazzino, fonte di sogni e desideri di fuga. Nel silenzioso antico cimitero Affinati si fa scattare una foto da un padre con famiglia al seguito, tutti ignari su chi sia quello strano personaggio lì sepolto, con il nome polacco mal trascritto e incrociato a quello scelto una volta divenuto scrittore. “A great writer” spiega loro Affinati, avviandosi poi verso le strade del centro città affollate di turisti, abbottonato in una malinconia senza soluzione, “come quando ero adolescente”.

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Nell’ultimo capitolo del libro, dedicato al rapporto dei più giovani con il web e l’informatica, in un mondo in continua e illimitata connessione, annota che “i ragazzi leggono in modo frammentario e forse estemporaneo, tuttavia non meno efficace rispetto al passato, hanno tempi inediti di concentrazione e applicazione, controlli imprevedibili di campi semantici anche lontani fra loro, inusitate accensioni creative, meccanismi logici più associativi che deduttivi, nodi emozionali che non si sciolgono secondo i vecchi sistemi”. Un’immediatezza comunicativa distante anni luce dalla fatica di suo padre, già anziano e in pensione, che ogni mattina recapitava di persona alle redazioni dei giornali i primi articoli scritti da Eraldo. Un aneddoto ricordato nell’introduzione.

Nell’ultimo capitolo Affinati torna al dialogo diretto con il lettore, iniziato proprio nell’introduzione. Richiama autori che avevano, ognuno a suo modo, immaginato una connessione illimitata tra gli esseri umani, Pierre Teilhard de Chardin e Fëdor Dostoevskji. Non propone soluzioni, semina dubbi, speranze, possibilità. Sente “l’urgenza di ridefinire tre concetti chiave che le profonde trasformazioni tecnologiche a cui stiamo assistendo rendono sempre più interdipendenti: l’idea di libertà, lo statuto della parola e l’assunzione di responsabilità”.

Il titolo del libro di Affinati sintetizza all’estremo la passione letteraria, la nostalgia e la curiosità che attraversano le sue quasi 800 pagine; riprende un verso della poesia Idra, del poeta greco Giorgos Seferis: “Delfini, vessilli, cannonate. / Il mare, alla tua anima così amaro una volta, / Alzava colorati battelli balenanti, / in ondoso rullio, / era un’azzurrità con ali bianche. / Alla tua anima così amaro una volta, /ora smagliante di colori al sole”.

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