Speciale

Le origini mitiche del Raid

4 Marzo 2011

Posidone si giacque un giorno con la ninfa Cenide, figlia di Elato il Magnesio o, come altri dicono, di Corono il Lapita, e le chiese di dirgli che cosa desiderasse come dono d’amore. "Trasformami, essa rispose, in un guerriero invincibile. Sono stanca di essere donna". Posidone acconsentì a cambiarle il sesso e la ninfa divenne Ceneo, guidando gli eserciti in guerra con tale successo che i Lapiti ben presto la elessero loro re; essa generò anche un figlio, Corono, che Eracle uccise molti anni dopo mentre combatteva per il doro Egimio. Inorgoglita dalla sua nuova condizione, Ceneo piantò una lancia nel bel mezzo della piazza del mercato, dove il popolo si riuniva, e costrinse tutti a sacrificare a codesta lancia come se si fosse trattato di una divinità.
Zeus, venuto a conoscenza della presunzione di Ceneo, istigò i Centauri a commettere un omicidio. Durante le nozze di Piritoo essi dunque assalirono Ceneo, che ne uccise facilmente cinque o sei senza nemmeno rischiare una scalfittura, poiché le armi dei Centauri rimbalzavano sulla sua pelle invulnerabile. I Centauri  superstiti, tuttavia, percossero Ceneo sul capo con tronchi d’abete e riuscirono a stenderlo a terra, ricoprendolo poi con una catasta di altri tronchi. Così Ceneo morì soffocato. Piritoo sposò Ippodamia o Didamia, figlia di Bute (o come altri dicono di Adrasto) e invitò tutti gli olimpi alle nozze, salvo Ares ed Eris; rammentava infatti quali guai avesse fatto nascere Eris alle nozze di Peleo e di Teti. Poiché i convitati erano più di quanti il palazzo potesse ospitarne, i Centauri, cugini di Piritoo, sedettero a tavola con Nestore, Ceneo e altri principi tessalici in una vasta grotta.
I Centauri tuttavia non erano avvezzi a bere vino e, quando ne fiutarono l’aroma, respinsero il latte acido che stava dinanzi a loro e corsero con i loro corni d’argento ad attingere vino dagli otri. Nella loro ignoranza bevvero il vino schietto, senza allungarlo con l’acqua, e si ubriacarono in tal modo che quando la sposa apparve sulla soglia della caverna per salutare gli ospiti, Eurito, o Eurizione, balzò dallo sgabello, rovesciò il tavolo e la trascinò via per i capelli. Subito gli altri Centauri seguirono il suo vergognoso esempio, agguantando bramosi le donne e i fanciulli che capitavano loro a tiro.
Piritoo e il suo paraninfo Teseo accorsero in aiuto di Ippodamia, amputarono il naso e le orecchie di Eurizione e, con l’aiuto dei Lapiti, gettarono i Centauri fuori della caverna. Si scatenò allora una lotta furibonda che costò la vita al lapita Ceneo e si prolungò fino al cader della notte; così ebbe origine l’antica inimicizia tra i Centauri e i loro vicini Lapiti, voluta da Ares ed Eris che si  vendicarono per l’offesa loro fatta.
Protagonisti di entrambi i brani mitologici, che forniscono due diverse versioni sulla fine di Ceneo, sono i Centauri, antica razza che abitava i monti della Tessaglia. Si tratta di una stirpe indomabile e violenta caratterizzata da una figura biforme: un tronco umano innestato senza soluzione di continuità sul corpo di un cavallo. La stirpe dei Centauri è stata generata da Centauro accoppiatosi con le giumente del monte Pelio; questi a sua volta però era figlio di Issione e di una nube creata da Zeus con le sembianze di Era. L’elemento umano insomma si unisce fin dalle origini a quello ferino e, secondo gli studiosi della mitologia greca, i Centauri risalgono ad antichi culti religiosi collegati al mondo infero, dato che il cavallo in particolare pare simboleggiasse il passaggio all’aldilà. Esso inoltre viene donato agli uomini da Poseidone e racchiude in sé l’impeto delle onde (da cui appunto i cavalloni) frenato solo dalla ragione umana tramite le briglie fornite non a caso da Atena. I Centauri sono trasportati da questo corpo selvaggio guidato dal tronco umano, che però nel mito in questione viene sconvolto dall’ebbrezza, cosicché prende il sopravvento la forza bestiale e senza freno. Il cavallo diventa allora macchina da guerra non domata, mentre nel primo mito si lasciava invece lucidamente usare in un’azione programmata.
Ai protagonisti del raid va quindi riconosciuto uno statuto eccezionale, sottolineato dalla parzialità umana e dall’appartenenza a due nature. Ciò si potrebbe confermare accostando ai due brani sopra riportati un terzo con protagonisti i Giganti. Queste altre figure eccentriche del panorama mitico diedero l’assalto all’Olimpo finendo tutte variamente uccise dagli dei con l’aiuto decisivo del mortale Eracle. Questo episodio tuttavia non rientra appieno nel raid come lo andremo a definire perché non soddisfa una sua caratteristica fondamentale, cioè l’entrata e l’uscita dal campo nemico; si presume infatti che i Giganti volessero conquistare in modo permanente la sede degli dei, mentre l’azione tipica che vedremo ripetersi non contempla l’occupazione duratura del luogo eventualmente espugnato. Comunque anch’essi, come i Centauri, hanno un aspetto solo in parte umano. Sono infatti abbigliati ed armati al modo dei guerrieri, con corazze di bronzo e lunghe lance ma, oltre alle dimensioni smisurate, vengono raffigurati dalla vita in giù avvolti da spire di serpenti.
Da questi primi esempi si cominciano anche a notare diverse finalità nel raid. Il danneggiamento della persona (l’uccisione di Ceneo), la sottrazione di un bene (ancora persone, le donne dei Lapiti) o ancora la conquista di un luogo inaccessibile e proibito quale la sede degli dei. Anche l’esito, come già detto nella presentazione, può variare: positiva nel primo caso relativo ai Centauri, negativo nella loro seconda comparsa e in quella dei Giganti. Infine si osserva pure, negli episodi con protagonisti i Centauri, una quasi opposta motivazione dell’agire. L’uccisione dell’imprudente Ceneo, che si volle simile agli dei, viene espressamente commissionata da Zeus ai Centauri. Si tratta cioè di una missione con un mandante ben definito ed un obiettivo altrettanto preciso. Il rapimento delle donne nasce invece spontaneamente, senza piani premeditati, sulla spinta della natura selvaggia dei Centauri, eccitata dal vino che essi non conoscono e più, con casuale sventatezza, bevono non allungato con acqua. La forza pura di Dioniso si combina con la violenza di Eris, dea della discordia, sorella ed amica di Ares, esclusi da Piritoo dal banchetto di nozze e sempre sovrintendenti la natura bellicosa e ferina delle creature semiumane.
Due episodi mitici con protagonisti degli uomini ci permetteranno ora di ampliare la casistica del raid aggiungendo inoltre ulteriori caratteristiche e dettagli a questa particolare forma della guerra. Si tratta degli episodi celeberrimi del rapimento di Elena e della conquista del vello d’oro, evidentemente assai significativi fin dall’antichità se sono diventati la base di due tra i più importanti poemi classici, l’Iliade di Omero e le Argonautiche di Apollonio Rodio.
Il rapimento di Elena da parte di Paride non è in sé molto più disteso narrativamente degli stringati episodi analizzati in precedenza. Assistiamo tuttavia alla preventiva e chiara individuazione dell’obiettivo cui segue un’articolata preparazione della missione. Paride è spinto da Afrodite nella scelta del suo scopo: I fratelli di Paride che erano già sposati insistettero perché egli prendesse moglie; ma Paride rispose che Afrodite gli avrebbe scelto la sposa, e come al solito innalzava a lei ogni giorno le sue preghiere.
Usa poi l’astuzia per perseguire l’obiettivo scandaloso stornando la volontà del padre Priamo che, del resto, non ascolta le profezie dei figli Eleno e Cassandra sulle conseguenze ferali del futuro viaggio: Quando fu convocato un altro concilio per discutere della liberazione di Esione, dato che le offerte pacifiche erano state respinte dai Greci, Paride si offerse volontario per guidare la spedizione, se Priamo gli avesse allestito una flotta potente e ben munita. Aggiunse astutamente che, se non fosse riuscito a riprendersi Esione, forse avrebbe portato con sé una principessa greca sua pari per trattare il riscatto. Ma in cuor suo, naturalmente, egli aveva già deciso di recarsi a Sparta e di rapire Elena.
Il paragrafo successivo, sempre ricostruito da Robert Graves, si sofferma su alcuni dettagli della missione: viene allestita una flotta, la prua della nave ammiraglia era ornata da un’Afrodite con un piccolo Eros fra le braccia, il cugino Enea acconsente ad accompagnare il protagonista. Il mito nella sua versione prevalente continua poi raccontando di Paride che seduce Elena con “sguardi infuocati, alti sospiri e arditi cenni” quali il portare alle labbra la coppa dalla parte dove aveva bevuto in precedenza l’amata o tracciare sulla tovaglia con il vino parole d’amore in presenza del marito Menelao. Tuttavia un’altra versione sminuisce tale forza persuasiva e sostiene che Elena rifiutò le profferte di Paride e questi la rapì con la forza durante una partita di caccia o ancora con l’inganno e l’aiuto della sua protettrice Afrodite assumendo le sembianze dello stesso Menelao. Proprio tale ambivalenza d’atteggiamento di Elena verso Paride le conferisce già nel poema omerico quelle sfumature di personaggio complesso, talvolta tormentato e foriero del tradimento, riprese da autori quali Giraudoux o Christa Wolf nelle loro riletture moderne. Significativo comunque che nel cosiddetto rapimento Elena venga seguita da altre persone (il figlio Plistene e cinque ancelle), ma anche da beni materiali (“la maggior parte dei tesori di corte e oro per il valore di tre talenti dal tempio di Apollo”).
La sottrazione della regina, spinta da un movente erotico, si combina quindi ad una razzia, seppure subordinata, e sfocia nella guerra che Omero narra quasi priva di ogni presenza amorosa. Per contro la sottrazione di un bene materiale da parte di Giasone, se è causata da ambizione personale, si sostanzia poi dell’incontro con la principessa della Colchide, cosicché le Argonautiche di Apollonio Rodio vengono annoverate tra gli antecedenti del romanzo. Ciò a riprova della pluralità di significati contenuta nel raid fin dalle sue prime narrazioni mitiche.

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