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Erano trecento giovani e forti

22 Luglio 2025

Se si considerano certe espressioni ingiuriose usate oggi nei confronti degli omosessuali (ad esempio l'italiano gergale “checca” o lo spagnolo “marica” o il romanesco “froscio”, che pare originato da “floscio”), sembrerebbe essa omosessualità intimamente legata ad elementi di debolezza, mollezza, femminilità (deteriormente intesa, si capisce).

Nella Grecia antica era l'opposto. Almeno per quanto riguarda la Tebe del quarto secolo avanti Cristo. Uno dei principali punti di forza della città in questione era infatti rappresentato dal “Battaglione sacro” (ιερòς λόχος), un gruppo di trecento soldati scelti che avevano la seguente caratteristica saliente: si trattava di centocinquanta coppie di amanti, maschi naturalmente. (Notiamo di passata che trecento è anch'esso un numero sacro, dai Trecento delle Termopili ai Trecento giovani e forti della Spigolatrice di Sapri del nostro Mercatini). Questa formazione, dotata di temibile potenza d'urto e sempre vittoriosa in battaglia per almeno quarant'anni (dal 378 al 338 a. C.), era così forte proprio in ragione dell'Eros omosessuale, dato che “nessun nemico riesce mai a frapporsi tra un amante posseduto dal dio e il suo amato o a dividerli, perché anche quando non ce n'è bisogno, pensano sempre di dover mostrare amore per il pericolo e sprezzo della vita” (Plutarco, Amatorius, 17). Inoltre, aggiunge ancora Plutarco, nessun amante tollererebbe di mostrarsi codardo di fronte al proprio amato, ed è esattamente per questo che un battaglione, composto da uomini reciprocamente legati da vincoli di passione, diventa invincibile e incrollabile (Vita di Pelopida, 18).

Forse anche Platone, nel Simposio, allude al Battaglione Sacro tebano, là dove fa dire a Fedro che “se si offrisse un mezzo per formare una città o un esercito di amati e amanti, combattendo gli uni accanto agli altri, vinceranno, pur essendo pochi, per così dire tutta l'umanità”.

Esce ora per i tipi di Keller un saggio di James Romm (professore di lettere classiche al Bard College di Annandale-on-Hudson, già autore del Fantasma sul trono, uscito qualche anno fa) che ricostruisce nel dettaglio le vicende di questa singolare formazione di guerra, Il battaglione sacro (The sacred Band), tradotto da Gabriella Tonioli. Seguiamo il suo avvincente racconto.

Siamo nella Tebe del quarto secolo avanti Cristo, abbiamo detto. Tebe era il centro più importante della Beozia. Questa regione non godeva di buona fama. I suoi abitanti erano considerati in genere degli ottusi (anaisthetoi), pesanti (bareis), derisi dai commediografi in quanto “portatori di zoccoli” (kroupezophoroi) e dediti più al cibo che ad altro. C'era anche chi li definiva senza meno “porci”, “porci Beoti”. Del resto tutt'oggi, in italiano, “beota” non è certo un complimento, bensì uno dei molti sinonimi di “idiota”. Eppure questa regione derisa e disprezzata fu la sede del, per così dire, primo Stato federale su suolo europeo, la Lega beotica. Uno dei Beotarchi, i governanti di questa Lega, fu il celebre Epaminonda. Assieme a Pelopida fu il tebano più famoso.

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I due, il politico e il militare, furono gli artefici del periodo di massimo splendore di Tebe e della Beozia, l'epoca che, almeno per un decennio, segnò quella che i manuali di storia indicano come “egemonia tebana” (dal 371 al 362 a. C.).

Tebe reagì al dominio spartano successivo alla Guerra del Peloponneso e, per circa un quarantennio, contro Sparta (ma non solo) lottò. L'episodio decisivo, in questo senso, fu il cosiddetto complotto del solstizio dell'anno 379 a. C., allorché un gruppo di fuorusciti tebani riuscì a riconquistare la città (e la sua rocca, detta Cadmea) cacciando gli Spartani che l'avevano occupata un paio d'anni prima. Pelopida era a capo di quegli esuli che portarono a termine il colpo di mano. A loro si unì poi Epaminonda, che però non aveva mai lasciato la città, non era considerato pericoloso dagli Spartani e dai loro alleati interni, in quanto più filosofo e studioso che attivista antilaconico.

Le due date che spiccano e che designano, abbiamo detto, il periodo della “egemonia tebana” vera e propria sono le date di due battaglie. Nel luglio del 371 si svolse quella di Leuttra. Nel 362, anch'essa in estate, quella di Mantinea. Sia nel corso della prima che nel corso della seconda fu fondamentale l'apporto del Battaglione Sacro. Ma non solo. Decisiva fu un'innovazione tattica ideata dallo stratega Epaminonda, e messa in pratica da Pelopida, comandante del Battaglione Sacro. Mentre fino a quel momento era l'ala destra dell'esercito schierato a condurre la carica più importante, con i due innovatori tebani fu l'ala sinistra a reggere il peso maggiore dello scontro e quella destra invece venne lasciata pressoché sguarnita. Epaminonda e Pelopida, secondo Plutarco, optarono per quest'“ordine obliquo”, che sconcertò gli avversari e decretò, per la prima volta, la sconfitta degli Spartani, ritenuti fino ad allora imbattibili.

A Mantinea però, nonostante la vittoria, perse la vita proprio Epaminonda, che però ebbe la soddisfazione (relativa) di “morire imbattuto”. Naturalmente gli avversari (in questo caso non solo Spartani ma anche Ateniesi e alleati del Peloponneso), proprio per via della morte di Epaminonda, si attribuirono loro la vittoria.

Dietro questo mutamento di strategia militare c'è tutta una riflessione sui rapporti spaziali, sulla simmetria e sulla dissimmetria, su ciò ch'è ritenuto naturale e ciò che non lo è. Ossia c'è una filosofia e una visione del mondo che non sono più quelle tradizionali. Nel caso di Epaminonda pare innegabile (almeno secondo Pierre Vidal-Naquet) l'influsso dei Pitagorici. Uno dei quali, Liside, soggiornò a Tebe e fu amico proprio di Epaminonda e di suo fratello Cafisia.

Il Battaglione Sacro continuò a combattere fino al suo totale annientamento, nel 338 a. C. nella battaglia di Cheronea, ad opera del conquistatore macedone Filippo, nella battaglia che segnò la fine dell'indipendenza greca.

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TAGGED: James Romm