Van Gogh e il postino Roulin

27 Ottobre 2025

‘Ora sto lavorando con un altro modello, un postino in uniforme blu con decorazioni dorate, una figura con una grande barba, molto socratica. Repubblicano arrabbiato come Père Tanguy. Un uomo più interessante di molti altri’, racconta Vincent al fratello Theo il 31 luglio del 1888, da Arles, sottolineando la parola ‘postino’.

Nella sua carriera d’artista, Van Gogh ha sempre disegnato o dipinto gente del popolo. Dai contadini olandesi del Brabante, agli anziani dell’ospizio dell’Aia, al mercante di colori parigino Julien Tanguy, i suoi modelli preferiti sono gente comune. Una scelta radicale sin dall’inizio, da quando, nel 1880, osservava ‘i minatori & i tessitori’, ‘tipi ancora inediti o quasi inediti’. Arrivato in Provenza, il postino di Arles, Joseph Roulin, non fa eccezione.

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Vincent van Gogh, Joseph Roulin, 1889, Kröller-Müller Museum, Otterlo, foto © M. Guzzoni.

Van Gogh and the Roulins. Together Again at Last è la nuova mostra aperta al Van Gogh Museum di Amsterdam (fino all’11 gennaio 2026), che indaga il significato artistico e umano di un importante nucleo di ritratti che Vincent ha dedicato a Joseph Roulin e alla sua famiglia, in un periodo cruciale della sua ricerca pittorica nel sud della Francia. La mostra è organizzata in collaborazione con il Museum of Fine Arts di Boston (dove si è chiusa il 7 settembre), ed è curata da Nienke Bakker (VGM) e Katie Hanson (MFA). Quattordici dei ventitré dipinti dei Roulin che Vincent ha creato sono qui riuniti per la prima volta, provenienti da musei di tutto il mondo e da collezioni private, insieme a molte opere dei maestri olandesi che lo hanno ispirato, come Rembrandt van Rijn e Frans Hals, e ad alcuni dipinti e blocchetti di schizzi di Paul Gauguin.

Il primo ritratto a Joseph Roulin

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Vincent van Gogh, Il postino Joseph Roulin, 1888, Museum of Fine Arts, Boston.

Arriva da Boston il primo ritratto che ci accoglie in mostra, con la figura di Joseph Roulin seduto, un braccio appoggiato al tavolo. Il suo sguardo è intenso, le sopracciglia sono alzate, come se avesse appena detto qualcosa, tirato una qualche conclusione. Ha 47 anni, ma sembra il ritratto della saggezza. Sfoggia una bella divisa di un blu intenso, rischiarata dai bottoni dorati. Il cappello è dettagliato con cura, il ricamo luminoso spicca al centro: POSTES. Questa scritta lo identifica immediatamente. La sua barba, folta come un cespuglio, è resa con pennellate decise, brune, verdi, ocra. Roulin, che in poco tempo era diventato amico di Vincent, ha posato per lui alla ‘piccola casa gialla’, in Place Lamartine, a due passi dalla stazione (dove egli coordinava la ricezione e la spedizione della posta). Non sa niente di arte, ma la politica li accomuna, ‘è un convinto rivoluzionario’.

Una sorpresa in mostra: la sedia di vimini che lo ha visto posare, l’unico arredo della Casa Gialla giunto a noi, è qui esposta per la prima volta, vicino al quadro. Quando Vincent aveva lasciato Arles nel maggio del 1889, aveva depositato molte cose dai coniugi Ginoux, al Café de la Gare. La sedia è poi entrata nella collezione del Museo Van Gogh, grazie al figlio di Theo, Vincent.

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Da sinistra: Vincent van Gogh, Il postino Joseph Roulin, 1888, Museum of Fine Arts, Boston; Sedia dello studio di Van Gogh, Van Gogh Museum (Vincent van Gogh Foundation), foto © M. Guzzoni.

È emozionante pensare che su questa sedia rustica, un uomo che non aveva mai posato in vita sua sia rimasto seduto per intere sessioni, sicuramente chiacchierando con l’artista. La prima ha luogo il 31 luglio, il giorno in cui Roulin era diventato padre per la terza volta. Dopo Armand (17 anni) e Camille (11), la moglie Augustine aveva dato alla luce una bimba. Da fervente repubblicano, ‘ha chiamato la bimba Marcelle, come la figlia del buon Generale Boulanger...’. Vincent non vedeva l’ora di ritrarla.

La presenza di questo semplice ma eccezionale elemento, parte dello studio di Vincent, rende il postino Roulin un personaggio reale.
 

‘Un’intera famiglia’ e il ritratto eterno

‘Ho fatto i ritratti di un’intera famiglia’, sottolinea orgoglioso Vincent al fratello all’inizio di dicembre, ‘l’uomo, sua moglie, la bimba, il ragazzino, e il figlio sedicenne, tutti personaggi molto francesi, anche se sembrano russi. Tele da 15. Puoi percepire quanto questo mi faccia sentire nel mio elemento...’

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Van Gogh Museum, Amsterdam, installazione, ritratti di Armand e Camille Rouin. foto © M. Guzzoni.

Quando Vincent aveva lasciato Parigi a fine febbraio di quell’anno, sentiva che la capitale francese non aveva più nulla da dargli. Con gli amici pittori, Émile Bernard, Paul Signac e Georges Seurat aveva perlustrato per mesi le rive della Senna, in cerca di nuove ispirazioni, con il preciso intento di superare l’eredità dell’impressionismo, con esiti molto diversi.

Vincent aveva sperimentato elementi puntillisti, neo-impressionisti, aveva esplorato un po’ tutto. In mancanza di modelli, aveva scandagliato il suo volto allo specchio e dipinto 27 autoritratti in due anni, realizzando sfondi puntinati, o costruiti con pennellate ritmiche in colori complementari. In Provenza volta pagina e riparte da capo; lì c’è più sole, più colore. Ora che ha finalmente delle persone da studiare, si sente ‘nel suo elemento’. Cosa vuole Van Gogh da questi nuovi ritratti? Vuole dipingere ‘l’anima’ del modello. È qui che la differenza di pensiero con Gauguin (che era arrivato alla Casa Gialla da un mese) diventa cruciale.

Gauguin vuole il sogno, l’immaginazione. Van Gogh vuole la realtà, ama ‘il vero, il possibile’. ‘Pensare e non sognare’ è il dovere dell’artista, scriverà più tardi a Bernard. I maestri olandesi insegnano, e gli ritornano alla mente ad Arles. Per Vincent Rembrandt era un ‘magicien’, nei suoi ritratti eterni della gente normale, sapeva ‘fare poesia’. ‘Raggiungere Rembrandt indirettamente è forse la via più diretta’, scrive saggiamente a Bernard.

Per non parlare di Frans Hals: ‘ha dipinto ritratti; sempre sempre sempre ritratti’, scrive all’amico a fine luglio, ribadendo l’importanza della pittura dei maestri olandesi. Anche noi possiamo vedere in mostra come i ritratti di Frans Hals e di Rembrandt siano stati di grande ispirazione per lui. Il Fisher Boy di Hals (ca 1630), è di una modernità sorprendente, nella sua immediatezza e naturalezza.

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Van Gogh Museum, Amsterdam, installazione, Photo © M. Guzzoni. A destra, Fisher Boy di Frans Hals (ca 1630), Royal Museum of Fine Arts Antwerp – Flemish Community.

Nel giro di poche settimane, tra novembre e dicembre, Vincent dipinge i ritratti di tutta la famiglia, Armand, Camille, Marcelle. Inizia a lavorare alla figura materna di Augustine, la celebre ‘Berceuse’ con lo sfondo a fiori, un motivo che ripeterà l’anno dopo in altre quattro versioni sottilmente diverse (tre sono in mostra). Impressionanti gli sguardi di tutte queste persone, ogni volta nuovi, ora dolci, ora pensosi, ora più sereni ma sempre profondi, anche quello di Camille, un ragazzino di undici anni.

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Vincent van Gogh, Camille Roulin, 1888, Van Gogh Museum, Amsterdam (Vincent van Gogh Foundation).

  

‘Nel ritratto ci aspetta ancora una bella rivoluzione’ scrive Vincent alla sorella Willemien in ottobre. La sua rivoluzione passa proprio da qui, dalla famiglia Roulin. In questo gruppo di dipinti la sua ricerca emerge con forza, in primo luogo con l’uso del colore. ‘Il colore esprime qualcosa di per sé’ aveva dichiarato anni prima. L’attenzione che Vincent aveva dedicato a Parigi al rapporto figura-sfondo nei ritratti di sé, trova ad Arles il suo punto più alto, verso la purezza assoluta. Lo vediamo nella tela di dicembre: Roulin appare su uno sfondo dorato come i suoi bottoni, un’icona russa. Il suo sguardo è gentile, la testa leggermente reclinata. Due colori complementari, il giallo e il blu, la fanno da padroni e conferiscono una certa sacralità a questo straordinario ritratto.

Roulin sarà l’amico che gli resterà vicino nella sventura. Il 24 dicembre Vincent è ricoverato all’ospedale per due settimane, dopo essersi tagliato l’orecchio la sera prima, dopo una lite con Gauguin. Theo è arrivato col treno della notte ma la sera stessa ritorna a Parigi, e Gauguin va con lui, senza preoccuparsi dell’amico. È Roulin che lo va a trovare ogni giorno, si occupa della Casa Gialla, e tiene i contatti con Theo: le lettere in mostra lo testimoniano. Con grande dispiacere di tutti, a fine gennaio del 1889 Roulin viene trasferito a Marsiglia. I due amici si rividero qualche volta ad Arles, e nelle sue lettere Roulin continuò a confortare Vincent con la sua saggezza: ‘la campagna è magnifica, non le mancheranno i modelli...’

‘Quello che nel mio mestiere mi appassiona di più, molto molto di più di tutto il resto – è il ritratto, il ritratto moderno. Lo cerco attraverso il colore, e non sono certo l’unico a cercarlo per questa via... Vorrei fare dei ritratti che tra un secolo alla gente sembrino delle apparizioni’, scrive alla sorella, in francese nel 1890, due mesi prima di togliersi la vita.

Ma il suo obiettivo l’aveva già raggiunto, la sua ‘bella rivoluzione’ era compiuta.

Van Gogh and the Roulins. Together Again at Last
Van Gogh Museum, Amsterdam
3 ottobre 2025 – 25 gennaio 2026

• Per saperne di più:

Il catalogo della mostra, Van Gogh. The Roulin Family Portraits, include contributi delle curatrici e saggi di Chris Atkins, Rachel Childers, Bregje Gerritse, Erin Mysak, Richard Newman, Kathrin Pilz e Lydia Vagts; sulle vite e le storie dei modelli di Van Gogh ad Arles, si veda Le Café Van Gogh di Bernadette Murphy (2024).

L’articolo è stato pubblicato su Artlyst, il 12 ottobre 2025.

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In copertina, Vincent van Gogh, Joseph Roulin, 1888, Kunst Museum Winterthur.

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