Vivienne Westwood, la moda e le mille vite

1 Gennaio 2023

«Too Fast to Live, Too Young to Die», troppo veloce per vivere, troppo giovane per morire.

Il destino era già rivelato da uno dei nomi del negozio con cui, nel 1971, Vivienne Westwood ha iniziato il suo cammino verso l’immortalità. La velocità ha caratterizzato l’anticipazione delle tendenze, che la designer considerava un senso innato. A Westwood non è mai importato di essere icona, di lasciare tracce per la memoria, il suo obiettivo era esprimersi vivendo al meglio delle sue possibilità e in più salvare il mondo per regalare una vita alle generazioni future.

Appena si rende conto di far parte del sistema più tossico per l’ambiente, Westwood dirige il suo spirito ribelle verso l’attivismo e rende la protesta una forma ulteriore di arte. Gli oggetti di moda diventano uno strumento di rivolta sempre più raffinato, come si vede nella collezione autunno-inverno 2016/17 Intellectuals Unite, una chiamata all’azione rivolta alla comunità intellettuale mondiale, finalizzata a fermare il cambiamento climatico. Nel video che introduce la collezione, Vivienne mostra una mappa su cui la maggior parte del mondo è dipinto di rosso-pericolo per dare concretezza al manifesto del movimento, consistente in una lista di problemi risolvibili con l’azione collettiva guidata dall’agente trasformatore noi, di cui lei è umile portavoce e collante. Questo movimento intellettuale parte dalle università e serve a costruire la green economy per attuare la rivoluzione climatica.

Non è un caso che Westwood sceglie come origine l’accademia, luogo altamente significativo che ha rivoluzionato la sua stessa vita grazie all’incontro con Andreas Kronthaler, suo studente durante la docenza alla Die Angewandte di Vienna, marito e poi direttore creativo del marchio. Bisogna agganciarsi all’ancora del sapere in un mondo dove l'acqua è più preziosa del petrolio, la plastica uccide gli esseri viventi, e non c’è fine all’eccidio dei migranti e alle guerre, mentre il senso comune ha la mente confusa dai media mainstream che distraggono l’attenzione dai veri problemi del mondo. Il futuro parla la lingua della cultura, non del consumo, adagio che ripete nuovamente in una video-lettera rivolta al pianeta terra, registrata a ottobre 2021 sul palco dello Shakespeare’s Globe Theatre in occasione della Cop26.

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Westwood propone come soluzione ai problemi del mondo una land-based economy governata dal principio di cooperazione e non di competizione. Bisogna rinaturalizzare il mondo, ripristinare e riparare gli ecosistemi, processo da cui deriva il nome della collezione primavera-estate 2023, Born to Rewild, dove coesistono gran parte dei motivi che hanno caratterizzato la produzione artistica di Westwood. Volumi ampi e distorti, tagli e strappi, tanti cuori, con in più un restyling del tartan datato 1993 chiamato, in onore del compagno, McAndreas, regolarmente iscritto nello Scottish Register of Tartans.

Westwood ha registrato anche altri tartan significativi, lo Storm in a Teacup, dove la pratica dell'inglesità incontra la ribellione, e il MacPoiret, dedicato al pensiero divergente di un designer che, a inizio Novecento, liberò le donne dai corsetti promuovendo l’uso della brassiere. A una disamina superficiale l’omaggio potrebbe sembrare un paradosso perché Poiret dichiara fuori moda uno degli oggetti iconici di Vivienne Westwood, il corsetto d'ispirazione vittoriana, recuperato a cavallo tra anni Settanta e Ottanta.

Il corsetto ci ricorda che Westwood ha contribuito a più riprese a far emergere l'intimo, rendendolo visibile, o esplicitando la sua assenza, come dopo aver ricevuto il titolo di Ufficiale dell’Impero britannico, in seguito elevato a Dama. Il corsetto di Westwood non è più un sostegno ortopedico per un corpo fragile, ma un’arma di legittimazione del potere del corpo femminile, così come la gonna mini-crini. Urge precisare che il dinamismo della moda di Westwood e la sua persistenza nel tempo dipendono anche dal sistema di traduzione/citazione di motivi appartenenti alla storia del costume anglo-francese, e al loro conseguente adeguamento allo spirito dell’epoca contemporanea.

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Westwood ha saputo attuare un peculiare esercizio di memoria collettiva, orientata alla riscrittura e alla “creolizzazione” delle tradizioni del presente. Comprendere il passato le ha permesso di ottenere una visione sistemica atta a garantire l’avvenire altrui con l’attivismo, scelta che le ha creato non pochi problemi, soprattutto in forma di accuse di greenwashing. Sicuramente la produzione di alcuni oggetti potrebbe essere considerata controversa, ma in questa sede è più giusto concentrare l’attenzione sull’impatto simbolico di Westwood estrinsecato dai segni distintivi del suo stile.

La collezione Born to Rewild sembra chiudere un ciclo tramite il pattern a tema Saturno che celebra la ricomparsa del pianeta nel segno in cui si trovava alla nascita di Westwood. Il ritorno di Saturno accade ogni 27-29 anni e viene considerato un rito di passaggio per chi compie 30, 50 o 80 anni. Stando all’astrologia, il caos creato da Saturno distrugge e ricostruisce e, soprattutto per una Westwood dichiaratamente taoista, sembra tradursi nel passaggio da una vita all’altra. Il taoismo rifugge la reificazione dell’esperienza che inaridisce la società, e sposta il focus sull’accettazione del caos come flusso attivatore di crescita personale.

Con Westwood il caos si trasforma in couture, così come celebrato su molti indumenti a sua firma, e poi anche da una mostra sull’influenza punk sulla moda tenutasi al MET di New York nel 2013, dove sono state esposte più di venti sue opere. Padroneggiare il caos vuol dire avere consapevolezza di cosa poter fare e poter essere, che coincide con il sogno di Westwood di regalare una vita alla generazione successiva. La proiezione verso il futuro è incisa nel segno che meglio ha caratterizzato le creazioni di Westwood, l’orb, cioè un globo crucigero circondato da un anello di Saturno, in cui l’inglesità raggiunge una dimensione universalizzata.

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Partendo da un maglione realizzato pensando all’attuale Re Carlo, l’orb di Westwood ha assunto svariate forme sino a ricoprire il ruolo di oggetto di culto della generazione Z su TikTok. Il ritorno di Saturno diviene un passaggio di testimone sostanziato da un bijoux noto come Three Row Pearl Bas Relief Choker, un collier a tre fili di perle in vetro Swarovski – dunque sostenibile –, con al centro l’orb. Ammetto di essermi meravigliata quando l’ho visto in aula, addosso a un mio studente della Sapienza. Poi, grazie a TikTok ho capito che l’esprit comunicativo di Westwood e del suo orb è stato capace di riunire varie derive della tendenza Y2K, dal classicissimo royalcore basato sulla quotidianizzazione dello stile Austen-Bridgerton – ai più tecnologici e-kids che mescolano k-pop, hip-hop e ispirazioni manga.

La transculturalità di Westwood attecchisce nell’immaginario della mangaka Ai Yazawa che popola Nana (Shueisha 2000-2009), il suo lavoro più famoso, con pezzi iconici di Vivienne Westwood tra cui l’orb in varie declinazioni, l’anello Armour, le scarpe con zeppa di legno Rocking Horse, o la giacca Heart Lapel. Gli oggetti di moda hanno il compito di trasmettere a chi legge l’estetica di due gruppi di musicisti punk-rock e della loro cerchia di amici. Non c’è da stupirsi se il protagonista maschile, Ren, compagno di Nana, è ispirato a Sid Vicious. Il marchio Westwood non ha ignorato la ghiotta occasione comunicativa e, durante la pubblicazione del manga, ha avviato una campagna pubblicitaria dedicata, in modo da essere naturalizzato nello streetstyle delle Harajuku girls. Il potere terreno dell’orb coincide con la sua ampia duttilità e traducibilità. Un segno che, come da caratteristica figurativa, ingloba e mette in comunicazione circolare, le inclinazioni trasversali a generazioni, culture e periodi storici. 

Con Umberto Eco si può dire che Vivienne Westwood ha coltivato la memoria per vivere mille vite, donandole altrettante a chi la seguirà su questo globo. 

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