Global Sumud Flotilla 1. L’Alfonsina e le Alpi
Nei primi giorni di settembre 60 imbarcazioni salperanno da diversi porti del Mediterraneo verso Gaza per cercare di rompere il blocco navale israeliano.
Questa azione umanitaria, legale e non violenta della società civile ha riunito la più grande flottiglia di pace della storia: la Global Sumud Flotilla.
Vanni Bianconi sarà il responsabile di una di queste barche, una a vela, chiamata Alfonsina e il mare, e racconterà il suo viaggio in più puntate per doppiozero.
Questa, la prima, parte da lontano, dalle Alpi.
Questa è la voce del capitano.
Il capitano vive in una valle delle montagne svizzere, nel penultimo paesino di lingua italiana, non ha mai messo piede su una barca a vela.
Il capitano non sa da dove salperà il 5 settembre 2025, se dalla Sicilia con molte altre barche o dalla Grecia con due sole e un equipaggio di otto persone in tutto, per le due barche.
Il capitano è quasi sicuro di non arrivare a destinazione, e non per le sue patenti incompetenze, ma per le inadempienze della società degli uomini. Nientemeno.
Questa è la pasta del capitano, ripete lavando i denti e guardando la faccia da pagliaccio nello specchio: sono stato chiamato – non ce n’erano di migliori?

Il capitano si permette altre imprecisioni, e mischia Asia Minore, dov’era Troia, al Levante dov’è, o era, Gaza e la Palestina, e decide, piegando la cerata gialla da film anni settanta prestatagli da un amico che neanche lui ha mai messo piede su una barca a vela, che sarà un’Odissea al contrario, o reversed perché sa che dovrà essere contemporaneo, e conta su Nolan per l’attualità dell’Odissea, contemporaneo perché rischia la sua vita e quella della sua ciurma per comunicare.
Sa che questo è un punto importante, ma sa che le digressioni vanno gestite come le gomene quando impazza lo scirocco, quindi riprende il timone.
Perché il capitano ha deciso che sarà un’Odyssey:Reversed? Perché il tragitto più o meno coincide, e perché va dalla pace reale ma malsana dei proci verso la guerra che quel tipo di pace genera, perché va dall’amore che lui ha appena perso per un tradimento (ecco, non farà l’errore di Tenet di non considerare la frattalità del capovolgimento) verso il rifiuto di ogni regalo falso che quelli che non sono nemici ma sono finti amici dei palestinesi – i palestinesi che a loro volta non sono gli assediati ma sono l’umanità dell’umanità – gli offrono: i cavalli di Troia dei cessate il fuoco, delle convenzioni internazionali, dei diritti dell’uomo.
Così almeno si è capito dove va il capitano, anche se avrebbe dovuto dirlo prima, ma conta sulla redazione e il titolo illuminante che daranno al suo diario pre-bordo.
Lui ha dato il titolo alla sua barca, gli svizzeri volevano chiamarla Stella alpina o Helvetia, lui l’ha chiamata Alfonsina e il mare. Alfonsina poeta ticinese emigrata in Argentina si è suicidata in mare, sì, ma quante poesie ha scritto al mare chiedendogli la sua forza, la costanza. Mercedes Sosa l’ha cantata così.
“Perché comunicare?” – adesso che il vento cala, il capitano riprende quella rotta.
Se la rivista per la quale scrive il capitano fosse moderna come lui ora introdurrebbe un poll. Un channel su whastapp, rispondereste voi.
Comunicare perché è quantitativo, e non siamo bravi, noi – chiunque noi siamo ci consoliamo insieme della nostra minoranza, giustamente a favore delle minoranze, per poi scannarci in minoranze ancora più minoritarie.
Ed ecco che, in questo frangente, possiamo capitanare una quantità enorme di persone, una quantitatività di umanità varia, che ci segue.
Il capitano ha ricevuto in pochi giorni migliaia di messaggi di persone che vogliono imbarcarsi, donare, donarsi, pregare, porcodiare, postare. Resiste alla tentazione di identificarsi con le poche centinaia che lo vorrebbero vedere affogare, anche se quella minoranza gli risuona e non solo perché è minoranza…

Timone a tribordo.
È la qualità di questa quantità la bussola del capitano.
Cioè cosa queste persone, e qualche altro miliardo di persone, condividono.
Il nemico comune.
Il capitano va in bagno mentre la rivista vi propone, o non vi propone, il secondo poll.
Il nemico comune è la psicosi generata dall’inconciliabilità radicale tra ciò che si proclama e ciò che si fa. A livello individuale, di cerchia familiare, di persone che si conoscono e a livello della propria regione e della propria nazione, ai massimi livelli delle istituzioni che governano il mondo, democratico, convenzionato e convenzionale, dirittocartato illuminato e delicato in cui viviamo. Di cui facciamo parte, dove abbiamo voce in capitolo, in cui dobbiamo credere. Come crediamo in noi stessi, con lo stesso scetticismo e la stessa ironia, ma con una chiara linea rossa. Che possiamo offuscare un tot di volte, tante volte, ma non a tutti i livelli, dal più intimo al più istituzionale, in modo così , dilagata e costante.
Il capitano aveva anche proposto Jung come nome della sua barca, ma gli hanno risposto che ha collaborato coi nazisti.
Una chiara linea rossa, è quella che le 60 imbarcazioni della Global Sumud Flottilla andranno a superare. Lì interverrà la flotta e l’esercito israeliano. Ma lì, reversed, forse potrete intervenire anche voi. È possibile tentare. È possibile guardarsi allo specchio, non fare la faccia da selfie ma costringere l’amalgama a prendere atto del suo potere e del nostro fallimento. O i cristalli liquidi a confrontarsi con le nostre lacrime.
“Ho pianto”, dirai a tuo nipote.
Lo specchio inverte in un modo che il capitano vorrebbe esplorare, tornando dall’isola di Circe, o era Calipso?
