Il glamour degli dèi e degli eroi

5 Febbraio 2013

L’aspetto eroico e mitologico delle figure nella pubblicità di moda in bianco e nero deriva da una visione grafica della scultura antica, dalla furiosa lotta tra divinità e Titani, tra Centauri e Lapiti illuminata dalla luce delle fiaccole, che “rende più nette le ombre [e] fa apparire più chiare le parti illuminate”. La consuetudine di visitare i musei romani di notte, con l’ausilio delle torce, è testimoniata da Goethe, grande estimatore dell’opera grafica di Heinrich Meyer, apprezzato soprattutto per le sue riproduzioni a seppia dei busti antichi. Questo interesse grafico e chiaroscurale di Goethe per la scultura emerge nel contesto di alcune sue osservazioni sulla raccolta di volumi e illustrazioni che hanno il pregio di far “rivivere” il tempo in cui “l’antichità era studiata seriamente”. Sia le riproduzioni a puntasecca per contorni che illustrano i libri di Winckelmann, sia le riproduzioni ad acquaforte che circolano in Europa, hanno contribuito a diffondere un’immagine grafica della scultura antica, formando un modo di vedere, un “gusto”.

 

I vari tentativi di automatizzare la tecnica dell’incisione porteranno allo sviluppo della fotografia. Si potrebbe dire che in questa visione grafica della scultura era in un certo senso già pronta quella fotografica, tanto che uno dei vantaggi dell’illuminazione con le torce elencati da Goethe: “…ogni pezzo può essere osservato di per sé, a esclusione degli altri”, sembra anticipare le riproduzioni fotografiche degli Alinari dove il reperto archeologico è isolato su fondo nero.

 

A questo riguardo è interessante notare che l’operazione fotografica attraverso la quale si isola la figura dallo sfondo si ottiene annerendo la lastre con una macchia di inchiostro, seguendo il contorno della figura. Macchia, intesa come ombra, che nel trattato sulla scultura di Adolf von Hildebrand appare necessaria per il trattamento in profondità del rilievo, concepito dall’autore come immagine di superficie per la quale “la profondità reale non ha importanza per la percezione dell’effetto volumetrico”.

 

Si dispiega così una visione grafica e fotografica in bianco e nero della scultura antica, una visione falsa, naturalmente, perché le sculture antiche erano colorate anzi coloratissime. Questa visione si è radicata nella nostra cultura visiva trasportando nel presente il gesto del dio o dell’eroe, e con esso un pathos emancipato dal dramma e declinato nel glamour dei corpi scolpiti dalla luce e dall’ombra dei set fotografici allestiti per le case di moda.

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