A Marta Baggiani / Il lume del sentimento e della ragione

21 Luglio 2016

In questo sito Marta Baggiani scrive:

 

“Oggi io mi sento di combattere una guerra: una lotta contro la paura, contro l’ignoranza, contro chi ci vuole spaventati e manipolabili. A tutti loro dico: NOI NON ABBIAMO PAURA. Ci siamo fatti in quattro per aprire le nostre menti, sui libri ma soprattutto in giro per il mondo, dove abbiamo raccolto il fiore della tolleranza e piantato il seme dell’amicizia, quella che non guarda alla religione e al colore della pelle. Non avremo paura di prendere i nostri aerei per vedere se quei semi crescono. Non avremo paura di continuare a viaggiare, vedere, toccare, sorridere, amare oltre ogni confine. Lo faremo per la nostra causa. La nostra lotta è senza bombe, ma noi non abbiamo paura. E se cadremo vorrà dire che, come i nostri bisnonni non troppi anni fa, avremo combattuto per il valore più bello che c’è: la nostra LIBERTÀ. Questa è la nostra resistenza”.

 

Marta rappresenta, in modo splendido, una minoranza attiva. Questa minoranza – non so che tipo di studi Marta svolga – si è piegata sui libri, ha girato il mondo per incontrare gente come lei, si è sforzata di capire, di comprendere. Ci sarà ben qualcosa dietro la difficoltà di un testo filosofico, oppure dietro a un complesso teorema matematico. Ci sarà dietro pure un storia, oppure sono, come pensa la maggioranza che urla o uccide, elucubrazioni intellettuali?

 

Perché a questo siamo, chi studia per capire che cos'ha a che fare Platone, Hegel, la teoria della relatività, la biologia molecolare, con la libertà e la pace è, oggi, il capro espiatorio della maggioranza che grida, nascondendo la testa. Oppure di chi uccide. Faccio una differenza tra chi grida e chi uccide, certo. Mi domando solo se, chi grida, non dia spunti a chi uccide.

Siamo in un'epoca in cui le librerie e le case editrici chiudono, mentre le fabbriche di armi proliferano; dove, se hai un problema, hai la possibilità di prendere una sostanza chimica (legale o illegale) che te lo risolve.

 

Che c'entrano i libri? Bruciamoli!

Marta non ci sta. Combatte una battaglia per la pace, la libertà e la cultura.

Io sono ammirato di Marta e di tutte le persone come lei, che tra i venti e i trent'anni si battono con questo coraggio. Marta ha ragione a parlare ai suoi genitori, a noi che veniamo da un'altra generazione, che abbiamo vissuto un'epoca nevrotica, in cui parcheggiare in divieto ci faceva sudare per avere trasgredito una regola, in cui si entrava in una libreria e ci si rimaneva per ore, a cercare i libri, in italiano, ma anche in francese, inglese, tedesco, spagnolo, portoghese, russo, ebraico, arabo, se si poteva, col testo a fronte per capire meglio, si passavano ore e ore al tavolo. Il libro cartaceo, sottolineato, con appunti a margine, sciupato, era uno dei nostri punti di riferimento.

Quando non capivamo, non attribuivamo mai all'autore di non “scrivere come magna”, andavamo altrove ad approfondire. Sapevamo che esiste una tradizione di studi, di ricerca. A quell'epoca, fuori per le strade, era tutto relativamente tranquillo.

 

Arrivò anche l'era degli anni di piombo, si era annunciata il 12 dicembre del 1969 a Milano, ed ebbe un'escalation che culminò con l'assassinio di Moro il 9 maggio 1978. Episodi psicotici, sconvolgenti, ma scandalosi perché erano eccezioni. Insomma, noi figli del baby boom siamo vissuti per un lungo tratto della nostra vita, come dice un'espressione volgare, col “sedere nel burro”. Non c'erano tutti quei programmi Erasmus, ma all'estero ci si andava, i professori ci accoglievano, senza nessuna carta burocratica, si discuteva per strada, mangiando insieme. C'era fiducia nel prossimo, si faceva perfino l'autostop! Non ci riconoscevano gli esami, eppure si andava come ora.

 

La proposta di chiamare il periodo che stiamo vivendo “epoca psicotica” è conseguente alla mia formazione come psicologo clinico. Da molti anni studio i sistemi sociali attraverso le lenti cliniche, il mio laboratorio sono le sedute di psicoterapia – personale, familiare, di gruppo – spesso mi capita di lavorare con migranti, profughi e richiedenti asilo politico, di fare etnoclinica.

 

Un sistema psicotico, dal mio posto di osservazione, si basa sulla costruzione dell'indifferenza.

 

Vediamo se riesco a spiegarmi meglio: tu fai qualcosa, per esempio abbracci una persona, questa persona si irrigidisce e, in qualche modo, mostra fastidio. Fin qui nulla di grave, potresti avere infranto una regola sociale, religiosa, culturale, nulla è scontato. Poi questa persona ti attribuisce la colpa di non essere abbastanza caloroso, di avere paura dei tuoi sentimenti. Anche qui sto descrivendo una situazione, benché antipatica, che capita per esempio quando si litiga. Tuttavia, in quella circostanza, c'è, in aggiunta, una regola inconscia e inter-soggettiva. La regola dice: “È severamente vietato protestare, confliggere, discutere. Devi sopportare”.

 

Un altro esempio, una variazione del primo: tu sei un'insegnante di letteratura americana in un paese dove vige una “dittatura democratica”; un giorno uno studente del tuo corso ti chiede – siamo in democrazia, lecito domandare! – l'opinione su una legge del tuo paese, tu critichi la legge, non ti sembra una legge, ma un modo per arrestare ingiustamente una persona. Il giorno dopo un commando si reca a casa tua per linciarti in virtù dell'applicazione di questa stessa legge. In questo caso, l'eliminazione del conflitto avviene attraverso la stessa regola: “È severamente vietato protestare, confliggere, discutere. Devi sopportare”.

 

Questa volta però la regola non è più inconscia. È oscena. L'osceno psicotico sta in questa distorsione letale: qui c'è democrazia, puoi fare ciò che ti pare, dentro la scena, davanti alla televisione. Fuori scena c'è una feroce dittatura. Fuggi in Europa.

 

Terzo esempio: tu stai discutendo di politica con un tuo parente importante, una specie di leader politico-mafioso. Mostri il tuo dissenso verso di lui, denunci anche la sua maniera corrotta di gestire la cosa pubblica. Lo fai davanti a tutta la famiglia. Lui ti sorride. Il giorno dopo, mentre stai rientrando a casa, un gruppo col passamontagna ti aggredisce. Vieni picchiato fin quasi a morire, poi vieni torturato in una stanza, con filo elettrico. Non saprai mia chi sono le persone che ti hanno torturato. Fuggi in Europa.

 

Queste persone sono riuscite a raccontare, sono sopravvissute, ce l'hanno fatta. Ora hanno un altro problema: queste storie, che noi ascoltiamo durante gli incontri etnoclinici, verranno credute dai giudici, o, come nei sogni di Primo Levi, cadranno nell'indifferenza?

 

Questo mi fa pensare: siamo in un periodo psicotico. Non è la fine del mondo, ce ne sono già stati, anche di peggiori. I miei genitori, i nonni di Marta, hanno attraversato una guerra devastante, lo sterminio eugenetico, la Shoah. I miei coetanei polacchi, cechi, slovacchi, romeni, della Germania Democratica, coloro che vissero in quell'inferno che si chiamava Unione Sovietica, incarcerati repressi, uccisi, morti d'inedia in Siberia, come Emilio Kléber, combattente ebreo nella guerra civile spagnola, considerato traditore da Stalin, che gli strappò una falsa confessione sotto tortura.

Quando si scoprirono gli asili infantili della Bulgaria, con una miriade di bimbi in condizioni pietose, si scoprì che gli “operatori” che lavoravano in quegli asili ritenevano quei posti “normali”; quando vediamo un paziente legato al lettino, sostiene Peppe Dell'Acqua, in quel momento assistiamo a un “crimine di pace”. Per paura stiamo zitti, facciamo finta di nulla.

 

Cos'è dunque un sistema psicotico? È un sistema che si basa sull'indifferenza di fronte alla corruzione, all'eversione, alla tortura, al terrore, nelle parole e nei gesti, e che, contemporaneamente, esalta la morte e il suicidio “eroico”. Ci siamo dentro tutti, ha una forza significante enorme.

 

Marta, penso che le parole di Charlie Chaplin ti siano di conforto, sopravviverai, perché il mondo ritroverà il lume del sentimento  e quello della ragione. Questa è la nostra resistenza.

 

 

Hannah, significa Grazia, è il nome invocato da Chaplin. Marta invece significa Signora, Lady. Abbiamo bisogno di signore come te, che ci richiamino sempre alla ragione.

 

Marta, puoi sentirmi?

Ovunque tu sia, abbi fiducia.

Guarda in alto Marta

le nuvole si diradano

comincia a splendere il sole

prima o poi usciremo

dall'oscurità, verso la luce

vivremo in un mondo nuovo

un mondo più buono

in cui gli uomini

si solleveranno al di sopra

della loro avidità,

del loro odio, della loro brutalità.

Guarda in alto Marta,

l'animo umano troverà le sue ali,

e finalmente comincerà

a volare sull'arcobaleno

verso la luce della speranza.

Verso il futuro,

il glorioso futuro che appartiene a te,

a me, a tutti noi.

Guarda in alto Marta, lassù.

 

Marta, c'è stato di peggio, tu sopravviverai e ricorderai.

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