La poesia come cura di tutti i mali (o quasi)

17 Ottobre 2014

Roger McGough ha scritto di recente una poesia come antidoto all’invecchiamento. Ne aveva scritte altre di poesie o di lyrics analgesiche nella sua vita di scrittore e performer. Una delle prime è la parodica e surreale Lily the Pink, eseguita dagli Scaffold, trio musicale cabarettistico composto dallo stesso Roger McGough, Michael McCartney (fratello del forse più noto Paul McCartney, cantante dei Beatles) e John Gorman. Si tratta di un inno a Lily the Pink e alla sua mirabolante invenzione di una pozione miracolosa (a medicinal compound) capace di guarire, a modo suo, tutti i mali più improbabili. Ecco il ritornello:

 

We'll drink a drink a drink 
To Lily the Pink the Pink the Pink 
The saviour of the human race 
For she invented medicinal compound 
Most efficacious in every case. 

Per gli amanti di filmati d’epoca è possibile vedere gli Scaffold all’opera (Roger McGough è quello con gli occhiali).

 

 

Il motivetto, ripreso da un canto popolare inglese, conquistò il primo posto nelle vendite di 45 giri nel 1968, e fu tradotto anche in italiano (come in quegli anni si traducevano le covers, cioè molto ad orecchio e molto ‘addomesticando’) ed eseguita dai Gufi:

E trinca, trinca, trinca

buttalo giù con una spinta

e vedrai

che bella festa.

La medicina

del mondo in rovina,

vai tranquillo,

è questa qua.

 

Poesia analgesica è anche Another Mid-Life Crisis, apparsa nella raccolta Defying Gravity del 1992:

3 a.m. Feeling like death

and wanting to end it all

I reach for the aspirin bottle.

Will there be enough?

 

One by one I count them out. 72?

Need more to be on the safe side.

Rummaging around I add another 30.

 

That should do it.

Take the first two with a glass of water.

Feel better. Go back to bed. Fall asleep.

 

Una possibile traduzione potrebbe essere quella apparsa in Eclissi quotidiane (a cura di F. Nasi, Medusa, Milano, 2004, p. 93):

Un’altra crisi di mezza età

 

3 di notte. Mi sento la morte addosso

e ho voglia di farla finita con tutto.

Prendo la scatola delle aspirine.

Ce ne saranno abbastanza?

 

Le conto una per una. 72?

Ne occorrono di più per essere sicuri.

Rovistando qui e là ne aggiungo altre trenta.

Dovrebbero bastare.

 

Prendo le prime due con un sorso d’acqua.

Mi sento meglio. Torno a letto. Mi addormento.

 

Un’altra poesia per far fronte con un sorriso ironico e una sarcastica capriola a quello schiacciante senso di sfinimento che si prova di fronte alle incombenze quotidiane è la fulminante Survivor:

Everyday

I think about dying.

About disease, starvation,

violence, terrorism, war,

the end of the world.

 

It helps

keep my mind off things.

 

Superstite

 

Ogni giorno

penso alla morte.

Alla malattia, alla carestia,

alla violenza, al terrorismo, alla guerra,

alla fine del mondo.

 

Aiuta,

tiene la mente lontana dalle cose.

 

(McGough, Eclissi quotidiane, cit., p. 99)

All’ultimo festival della letteratura di Mantova Roger McGough, all’interno dell’iniziativa sul Lessico Europeo, è stato invitato da Giuseppe Antonelli a scegliere una parola per lui significativa della nazione inglese. La scelta è caduta su Coping, un termine non facile da tradurre, perché porta con sé vari significati: far fronte a una situazione difficile, fronteggiare un pericolo, ma anche rivestire (una parete), coprire, indossare (un mantello). Per McGough “Coping” è una qualità propriamente britannica, significa cercare di ottenere il meglio da ciò che si ha. Non significa essere banalmente ottimisti, né fare buon viso a cattiva sorte, ma piuttosto di “mostrare un sorriso compassionevole”. McGough, che ama giocare con i suoni delle parole, ha messo subito in rima il verbo “to cope” con il verbo “to hope” (sperare) e con “tightrope”, il filo teso a mezz’aria sul quale ciascuno di noi, come un funambolo, cammina. Così la sua poesia sembra sempre a mezz’aria. E il poeta sta in equilibrio come un  funambolo consapevole che quella è l’unica posizione che gli è data e che cerca di fare del proprio meglio, non per ignorare la precarietà ma per tenerle testa con il sorriso ironico di chi sa che il filo c’è e che è meglio di niente.

 

Con questo suo modo di raccontare il mondo ha accolto l’invito di una organizzazione inglese, la AgeUK, che si occupa del “benessere” degli anziani, a partecipare con una sua poesia a un breve video per pubblicizzare le attività dell’ente. I versi di McGough, letti da un attore, accompagnano la bella sequenza di nuche e volti del video che raccontano lo scorrere del tempo.

 

 

There is no cure for ageing

Because ageing isn't an illness, but a way of life.

And some are better at it than others

The secret?

Think yourself younger than you really are:

On a crowded bus or tube, offer your seat to a young man

Design a website, invent an app

Take up Zumba, forget to nap

For no-one can predict what's lying in store

With a future more challenging than ever before.

So enjoy the adventure

 

Time flies, they say, but it's us that fly

Time sits on its hands, as we rush by.

And life has a way of gathering speed

So seize the day, we're a special breed

In the blink of an eye

The wave of a hand

The beat of a heart

The brush of a tear

You are old.

But valued still.

Welcome to the fold.

 

Tutto molto delicato e sentimentale. A cominciare dai primi versi: “There is no cure for ageing / Because ageing isn't an illness, but a way of life”,  “Non c’è cura per l’invecchiamento / Perché invecchiare non è una malattia, ma un modo di vivere”. Forse anche troppo sentimentale. Come se tutto fosse un po’ ovattato.

Ed in effetti, la poesia di Roger McGough, quella almeno che è stata letta a Mantova, senza le “censure” e le varianti sollecitate (o imposte gentilmente) da AgeUK, ha alcuni versi in più e alcuni versi in meno che rendono la poesia una poesia mcgoghiana, sentimentale ma non sdolcinata, ironica e beffarda. Ma si sa, la poesia è fatta soprattutto di piccole sfumature che fanno cambiare ritmo e tono e senso all’intero. Ecco la versione integrale e originale:

 

The Cure for Ageing

 

There is no cure for ageing

Death may be incurable, but growing old is not an illness.

And some are better at it than others. ....The secret?

Think yourself younger than you really are:

On a crowded bus or tube, offer your seat to a young man

Help a traffic warden across a busy road

Grow cannabis in the commode

Rocking chair? Stick it up on the roof

Discreet tattoo or a gold false tooth

Design a website, invent an app

Buy your clothes from Topshop and Gap

Take up Zumba, forget to nap.

 

Time flies they say, but it’s us that fly

Time sits on its hands as we rush by.

And life has a way of gathering speed

So seize the day, we’re a special breed.

For in the stifled yawn of a brain

The slip of a cell

The dim of an eye

The fluff of a heartbeat

You are old.

Welcome to the fold.

 

Ed ecco una possibile versione, nella speranza che possa essere un antidoto, inevitabilmente più blando, contro una eventuale depressione da invecchiamento anche per chi non sa l’inglese.

 

Non c’è cura per l’invecchiamento

La morte sarà incurabile, ma diventare vecchi non è una malattia.

E alcuni lo fanno meglio di altri… Il segreto?

Pensati più giovane di quel che sei:

Nella calca del tram o della metro cedi il posto a un uomo più giovane

Aiuta un vigile ad attraversare la strada trafficata

Coltiva cannabis nella comoda

Sedia a dondolo? Mettila in solaio!

Tatuaggio moderato, dente falso, dorato

Crea un sito web, inventa un’app

Compra vestiti da Topshop e GAP

Balla la zumba, scorda la siesta.

 

Il tempo vola, dicono, ma siamo noi che voliamo

Il tempo sta seduto sulle mani, mentre corriamo.

La vita sa come prender velocità.

E allora, cattura l’attimo: siamo una specie di rara qualità.

Perché in uno sbadiglio soffocato del cervello

In uno sbattere di ruga

Nello spegnersi di un occhio

In uno sbuffo del cuore

Sei vecchio. E così sia.

Benvenuto nella compagnia.

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