5 per mille

Giappone: riprogrammare l’architettura

13 Giugno 2025

Mendrisio è una cittadina della svizzera italiana, nota per la presenza dell'Accademia di Architettura che l'architetto ticinese Mario Botta fonda nel 1996. Lo scopo didattico è definire i saperi come sintesi tra la tecnica, le scienze umane e sociali. Per fare questo Botta vuole arruolare le migliori menti internazionali con cui condividere il progetto culturale dell'accademia. Tra questi si ricordano gli storici dell'architettura Werner Oechslin, William Curtis, Francesco Dal Co, Leonardo Benevolo, Kenneth Frampton e Carlo Bertelli, architetti quali Aurelio Galfetti (primo direttore della scuola), Peter Zumthor, Ignasi de Solà-Morales, Panos Koulermos, Elia Zenghelis, Esteban Bonell, filosofi come Massimo Cacciari, scienziati come Albert Jacquard, matematici come Alberto Albeverio, critici d'arte come Harald Szeemann. Nel tempo l'accademia, dal sapore umanistico, ha rappresentato una eccellenza nella didattica, dove anche molti giovani italiani si sono formati. La presenza di Botta ha aiutato la scuola a crescere anche in termini di spazi a disposizione. È il caso del Teatro dell'Architettura, sempre un suo progetto. Un edificio circolare la cui facciata è caratterizzata da fasce di pietra gialla intervallate da elementi di marmo bianco ruotati che conferiscono alla torre una vibrazione al cambiare della luce. Al suo interno uno spazio centrale vuoto a tutta altezza viene occupato per le mostre temporanee. Make Do With Now. Nuovi orientamenti dell'architettura giapponese è il titolo della mostra in corso fino al 5 ottobre 2025, che vede protagonisti i progettisti che hanno iniziato la loro attività dopo il 2011 e il disastro ambientale della centrale nucleare di Fukushima.

Cosa vuol dire per un giovane iniziare da una catastrofe? Innanzitutto la tradizione architettonica giapponese si basa su un linguaggio minimale, concettuale, che non lascia nulla allo spreco di spazio e di ornamento, ma va all'essenzialità delle cose. Perfect Days (2022) di Wim Wenders racconta bene la quotidianità di un giapponese di Tokio che, facendo il pulitore di bagni, gira la metropoli con la sua auto per pulire i gabinetti pubblici progettati dagli architetti. Ogni giorno compie le stesse azioni monotone in uno spazio domestico piccolo ma dotato di ogni comfort. Questo spaccato della vita giapponese ci aiuta a comprendere allo stesso modo il lavoro dei progettisti in mostra a Mendrisio, con esiti architettonici altalenanti.

La mostra a cura di Yuma Shinohara è prodotta dallo Swiss Architecture Museum di Basilea e divisa in due sezioni. La prima presenta venti progetti rappresentativi delle tendenze contemporanee dell'architettura giapponese, iniziati o terminati negli ultimi cinque anni: GROUP, Masaaki Iwamoto / ICADA, Ishimura + Neichi, Norihisa Kawashima / Nori Architects, Chie Konno / t e c o, Lunch! Architects, Murayama + Kato Architecture / mtka, Fuminori Nousaku Architects, Jumpei Nousaku Architects, Shun Takagi / Root A, Rui Itasaka / RUI Architects, Studio GROSS, SSK, Keigo Kawai / TAB, Tsubame Architects, Shigenori Uoya, VUILD, Suzuko Yamada, Maki Yoshimura / MYAO. Una seconda sezione invece indaga i lavori di cinque studi: Mio Tsuneyama+Fuminori Nousaku Architects, 403architecture[dajiba], CHAr, tomito architecture e dot architects. Come afferma Marco Della Torre, responsabile delle mostre del Teatro di Architettura la mostra tratta “la marginalità come punto di forza, operando sul patrimonio esistente, un buon esempio non solo per i nostri studenti”.

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Ishimura + Neichi Senju Motomachi Souko, Tokyo, 2020 – in corso © Toshihiro Sobajima .

Make Do With Now. Nuovi orientamenti dell'architettura giapponese è allestita con un grande tavolo rettangolare, composto di tavoli quadrati su cui sono appoggiati plastici delle architetture e al centro è collocata una struttura a telaio in legno e plexiglas a forma di ovale, che fornisce il supporto ai disegni e alle fotografie. Un progetto di allestimento disegnato e montato dagli studenti dell'accademia svizzera con l'obiettivo di confrontarsi, fin dall'inizio, con problemi reali.

“L'architettura giapponese – scrive il curatore Shinohara – si sta orientando sempre di più nella direzione di interventi di rinnovamento e riprogrammazione, anziché nella costruzione di edifici ex-novo. Se le precedenti generazioni di architetti si erano costruite una reputazione con audaci progetti di case per giovani famiglie pronte a intraprendere una nuova fase della loro vita, oggi si può parlare di una 'generazione del riadattamento', i cui primi progetti consistono in interventi di riqualificazione su piccola scala di edifici e interni preesistenti”.

D'altronde il rapporto tra la modernità e l'architettura giapponese è stato fondamentale per molti architetti, basta pensare a Frank Lloyd Wright e Rudolf Schindler, i quali prendono in “prestito” alcuni elementi architettonici tipici del Giappone, come i tetti e le pareti divisorie delle case, e li reinterpretano nelle loro architetture.

Se nel dopoguerra si demolivano e ricostruivano edifici dopo trent'anni, per seguire i cambiamenti di esigenze dei fruitori, oggi la tendenza è riappropriarsi di edifici esistenti e riprogettarne le funzioni. Questo processo è strettamente correlato all'andamento demografico. Alcuni dati ci aiutano a comprendere la situazione, se nel 1970 la popolazione giapponese è di 105 milioni e nel 2008 128 milioni, nel 2040 è prevista una contrazione pari a 111 milioni, questo determina il contesto nel quale operano gli architetti. Così una ex banca viene destinata per ospitare gli uffici e i laboratori di ricerca di una start up impegnata nel trovare soluzioni per l'acqua pulita, è il caso del WOTA Office Project realizzato a Tokyo nel 2021 da Murayama+Kato. Qui, in una modalità che ricorda Lacaton e Vassal nel parigino Palais de Tokyo, i pilastri esistenti rimangono, ma gli spazi vengono divisi in stanze che sono dotate di vetrate con infissi in acciaio grezzo. Una sorta di architettura povera ed essenziale che garantisce anche una sostenibilità ambientale ed economica.

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Maki Yoshimura / MYAO Annesso della Scuola Materna Yamasato, Nagoya, 2021© ToLoLo Studio.

SLBH6 è l'acronimo di Super Low-Cost Big House, un progetto del collettivo TAB per realizzare la casa più ampia con il minor costo ed in questo caso lo spazio è per una famiglia di quattro persone pari a 100 mq e un costo di 119.000 euro. La struttura e la composizione si basano su una griglia modulare di un “ken” (unità tradizionale giapponese) che forma un quadrato ruotato interamente costruito con travi e pilastri in legno, per richiamare la tradizione costruttiva locale. Questa dello sfruttamento del poco spazio a disposizione è sempre stata una caratteristica dell'architettura giapponese, una lezione importante ancora oggi. Cambiando funzione nell'annesso alla scuola materna Yasamato, Maki Yoshimura aggiunge un corpo esterno per ospitare spazi per il personale e la sala riunioni, districandosi abilmente tra aggiunte antecedenti, così l'architetto realizza un tetto che unisce tutti i volumi costruiti. Se torniamo al tema dell'abitare Dig in the Doma di Kanji Wada/Lunch! Architects prevede la trasformazione di una casa quasi centenaria per accogliere la quinta generazione di abitanti. Per la gestione dell'imprevedibilità l'architetto ha progettato lasciando dei vuoti. In questo modo lascia aperto alla discussione e alla risoluzione delle parti non progettate direttamente in cantiere, grazie al contributo dei committenti e degli artigiani e partecipando lui stesso alla costruzione. Una modalità che aveva individuato Alejandro Aravena in Cile con il progetto di housing sociale Elemental.

“Oggi – continua Shinohara – la nuova frontiera dell'architettura giapponese non è più la mitica tabula rasa del sara-chi (terreno vuoto), ma la grande quantità di edifici sotto-utilizzati... In larga parte esclusi dall'intervento diretto a livello urbano, gli architetti sperimentano modelli diversi, creando nuovi edifici che dialoghino attivamente con i quartieri in cui si trovano, accogliendo la città al loro interno... È un'architettura che riesce a realizzare strutture urbane rimanendo nei limiti di volumi ridotti e confini di proprietà”.

La sensibilità di questi giovani progettisti risalta in un contesto storico in cui i sistemi finanziari dettano le regole dell'architettura per creare luoghi sempre uguali a qualsiasi latitudine, ripetendo schemi che hanno dimostrato la loro inutilità favorendo una gentrificazione esasperata per creare una Luxury City, da Milano ai deserti arabi (basta vedere il progetto The Line). Invece i giovani architetti giapponesi, poco avvezzi alle mode e alle tendenze, ricostruiscono la loro memoria proponendo una nuova lettura della loro storia, con un rinnovamento che tiene in considerazione le sfide del cambiamento climatico e delle disuguaglianze sociali. La pandemia ci ha messo di fronte a un bivio, se era ancora il caso di consumare ossessivamente oppure recuperare un rapporto nuovo con la natura. Nulla di tutto questo. Tuttavia durante i lockdown abbiamo compreso quanto le nostre case fossero inadeguate per le nostre nuove esigenze di reclusi pandemici. Ma tutto è tornato come prima, senza un reale cambiamento nel progetto dello spazio domestico. L'architettura non è uno straordinario mezzo per vivere meglio? Una possibile risposta ci viene offerta da questi venti progetti che partendo dall'uso di materiali poveri, come legno e acciaio, dimostrano come serva principalmente la creatività per fare architettura, una lezione da cui ripartire anche qui, nel sud Europa, per ripensare il nostro modo di concepire la casa con maggiore radicalità.

Make Do with Now. Nuovi orientamenti dell’architettura giapponese
11 aprile 2025 – 5 ottobre 2025 
Teatro dell’architettura Mendrisio - USI 

In copertina, dot architects, Chidori Bunka, Osaka, 2014–19 © Yoshiro Masuda.

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