I canti d'amore di Wood Place 

3 Gennaio 2023

Si divorano le 835 pagine di I canti d'amore di Wood Place di Honorée Fanonne Jeffers (traduzione di Alba Bariffi, Guanda, 2022) e la prima cosa che ci sorprende è che stiamo leggendo la saga di una famiglia borghese nera americana. Anche l'America ha dovuto abbozzare, ha eletto un Presidente nero e, se è ancora difficile archiviare il razzismo, deve prendere atto che i neri non sono più quelli della Capanna dello zio Tom e di Via col vento. Anche la borghesia afro affluente ha ora il suo grande romanzo americano.

Nel 2015 c'era stato Negroland (66thand2nd) di Margo Jefferson, autrice anche di un saggio Su Michael Jackson, due libri che, come accade in questo di Jeffers, offrivano un punto di vista diverso sulla negritudine, scoprivano l'ossessione per la tonalità della pelle, più scura o più chiara, le forme dei nasi, più schiacciati o più dritti, il curly dei capelli, essendosi ormai affrancati dalla lotta per la sopravvivenza e scoprendosi "élite", una classe di neri benestanti, ora dedita a occuparsi di cose superflue, sempre più visibile nel paese che aveva creato il mito della democrazia diffusa e della società senza classi.

Questo libro appassionante aggiorna gli ultimi titoli, recensiti anche qui su Doppiozero, di autori neri, alle prese con la mobilità sociale (il protagonista-scrittore di Che razza di libro, per esempio), mentre nativi africani come Namwali Serpell (Capelli, lacrime e zanzare, Fazi) o Damon Galgut (La promessa, e/o) testimoniano il loro passaggio di classe insegnando in università prestigiose a New York, vincendo importanti premi americani, pur tornando alle origini del loro paese natale – per Serpell lo Zambia, per Galgut il Sudafrica – per parlarci di come attraversare i confini e lavorare per l'evoluzione della storia.

Originaria di Chicasetta, una città inventata della Georgia, la famiglia Garfield domina il romanzo, che indugia su Ailey Pearl, figlia di genitori dalla pelle chiara che, crescendo, diventerà sempre più consapevole che l'emancipazione della sua famiglia paga ancora il prezzo dell'ipocrisia: lei stessa si trascina il segreto inconfessabile di abusi subiti dal nonno paterno. Su tutta la storia aleggia la preoccupazione di perdere i privilegi conquistati (negli anni '60, in cui si svolge parte della vicenda, le coppie interrazziali, per esempio, non potevano ancora sposarsi in Georgia e Belle Dryskell, nera cioccolato che avrà una bimba dagli occhi verdi da un nero "chiaro", per strada "camminava di fretta" nascondendo la piccola nel passeggino, per impedire che qualcuno, vedendola, "pensasse che era la bambinaia di sua figlia").

La ricerca della perfezione, tipica ossessione da classe media, è incarnata nella nonna, con i suoi guanti bianchi e un profumo che "ti conduceva nel posto migliore del mondo", lontano dai poveri che mangiavano frattaglie di maiale e ricoprivano di plastica trasparente i mobili: venuta a conoscenza del terribile segreto degli abusi perpetrati dal marito sulle nipotine, si presenta al pranzo di Natale come se niente fosse.

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Le sorelle di Ailey le confermano che una vita ordinaria è tutto sommato il meglio che si possa desiderare: tra l'eccellenza di una, laureata alla Ivy League, e la dissolutezza dell'altra, Lydia, drogata e abusata anche lei dal nonno, Ailey preferisce stare nel mezzo. Gli scenari consueti della povertà dei neri, diventano in questo romanzo quadretti di normalità domestica alla Norman Rockwell: l'evoluzione della razza era stata prevista da W. E. B. Du Bois, padre fondatore nei primi anni dieci del '900 dell'Associazione Nazionale Interrazziale per l'avanzamento delle persone di colore, secondo il quale bastava un dieci per cento di popolazione afroamericana con quoziente di intelligenza superiore a riscattare le condizioni umili dei neri e a far dimenticare la schiavitù.

Non è proprio così: I canti d'amore di Wood Place è percorso dalla vergogna ereditata dei Garfield che preferiscono rimuovere i resoconti secondo i quali i loro antenati erano stati traditi e venduti come schiavi da trafficanti neri come loro. La sindrome da schiavitù post-traumatica si incrocia con un'attitudine borghese: nel romanzo si parla di snob e di snobismo, di high yellow, l'espressione usata per indicare afroamericani di pelle chiara, e lo snobismo conseguente di quelli che lo consideravano un privilegio; "Non puoi lasciarmi fare un sonnellino?

Volevo chiudere gli occhi e sognare Martha's Vineyard e la spiaggia davanti al cottage di mia nonna, popolata di Negri borghesi", dice Ailey allo zio Root, figura emblematica, insegnante in pensione che si trasferisce a vivere in una zona per bianchi, che lo accolgono con un secchio di pollo fritto e un'anguria quasi marcia lasciata sul davanzale (e la sua risposta a quegli snob è mangiare l'anguria di gusto). La razza non è solo l'insieme dei tratti somatici che ossessiona i personaggi di questa storia: in America è un meccanismo complicato, fatto di lingua, valori, cultura, genere. "Il femminismo è per le donne bianche" dice un fidanzato di Ailey. "Mi prendi in giro? Ma non lo hai letto il testo su femminismo e womanism che ci ha dato la dottoressa Oludara? E quel saggio sull'intersezionalità"? gli risponde lei. 

I canti d'amore di Wood Place viaggia avanti e indietro tra la vita di Ailey Garfield nella Georgia della fine del secolo scorso e le vite dei suoi antenati: la Wood Place del titolo è la tenuta teatro di violenze che riappare in sogno ad Ailey alla fine. Ma il titolo originale del libro è The Love Songs of W.E.B. Du Bois, per dire quanta importanza Honorée Fanonne Jeffers dia a Wlilliam Edward Burghardt Du Bois, sociologo, storico, saggista e poeta statunitense, naturalizzato ghanese (nato nel 1868 in Massachusetts e morto in Ghana nel 1963), primo afroamericano a conseguire un Ph.D. a Harvard, infaticabile attivista durante tutta la sua vita per la conquista dei diritti civili da parte della comunità nera.

Tra le altre cose Du Bois pubblicò le opere degli scrittori della Harlem Renaissance, come Langston Hughes, che ritroviamo nel romanzo della Jeffers: "Andando verso il pensionato, a metà strada (Geoff n.d.r.) cominciò a recitare una poesia di Langston Hughes che parlava di ragazze negre di varie e bellissime sfumature, come il cioccolato". Una delle prime cose che Belle, Ailey, Coco e Lydia e le altre donne del romanzo avevano imparato era che esistevano neri come loro e altri neri, poveri, vestiti male, con un cattivo odore, quei neri che giustificavano gli stereotipi razzisti dei bianchi. 

I Canti d'amore di Wood Place racconta la consapevolezza dolorosa di questa diversità, che persiste anche quando le condizioni economiche sembrano averla rimossa, ed è il dialogo tra una scrittrice e poetessa di oggi, Honorée Fanonne Jeffers, e il sociologo che aveva dato speranza di riscatto ai neri tramite l'educazione e la cultura, criticato dai radical come "il procacciatore dei diritti civili tramite copyright". Un romanzo che accresce la conoscenza della storia afroamericana ponendo nello stesso tempo interrogativi sulla fragile identità non solo dei neri, anche nostra.

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