Il superlibro del Compasso d'Oro

6 Maggio 2025

Dal 1954 al 2022: 2500 i progetti; 2275 le immagini; 1991 le Menzioni d’onore; 1040 le pagine; 380 i Compassi d’Oro; 151 i Compassi d’Oro alla Carriera; 58 i relatori; 57 i saggi critici; 57 le Targhe Giovani; 4 gli interventi istituzionali; 3 le parti in cui è diviso il libro; 2 gli anni di lavoro richiesti per redigerlo; 2 le interviste; 24×30,5×7,3 il suo formato; 10 i suoi kg: all'ADI Design Museum Compasso d’Oro stavolta han proprio dato i numeri. O meglio, come si suole dire, con questo libro han fatto il botto, il che significa “compiere un’azione, un’impresa che ha grandi effetti, grande risonanza” (Tullio De Mauro).

Promosso dalla Fondazione ADI Collezione Compasso d’Oro, dall’ADI Associazione per il Disegno Industriale e dall’ADI Design Museum, dal 4 aprile scorso è in libreria il volume edito da Treccani Compasso d’Oro. ADI Design Museum Collezione Storica, curato da Beppe Finessi, con progetto grafico di Leonardo Pertile; disponibile in italiano (colore giallo) e inglese (colore rosso).

Un lavoro monumentale, imprescindibile per conoscere e studiare la Collezione Storica del Premio Compasso d’Oro che nel 2004 è stata riconosciuta dal Ministero della Cultura “bene di eccezionale interesse storico-artistico”.

In esso si narra per filo e per segno la storia dei 70 anni di uno dei premi di design più importanti al mondo, “l’Oscar del Disegno industriale” (Todisco, 1968), di sicuro il premio più articolato, visto che spazia dal basic design, al brand, al car, al color, al communication, al concept, all’exhibition, al fashion, al food, al furniture, al graphic, all’industrial, all’interaction, all’interior, al marketing, al mood, al packaging, al product, al sound, al system, al textile, al transportation, all’urban, al visual, al web, con particolare attenzione alle ricerche tecnologiche e a quelle sulla sostenibilità ambientale e sociale, ai designer, alle scuole di design e agli studiosi della disciplina, alle associazioni che se ne occupano, alle aziende produttrici e alle persone e/o attività che la commercializzano. E, naturalmente, presenta e studia, a uno a uno, gli oggetti che il Compasso d’Oro lo hanno vinto.

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Questo libro narra, insomma, dei protagonisti del mondo del Design, persone e cose, indaga le sue connessioni con quello dell’Arte e con la realtà produttiva: in esso si parla diffusamente anche del binomio Arte/Industria, che è poi alla radice del concetto stesso di design, mettendolo in relazione con le variazioni politiche e socio-culturali che hanno interessato la lunga parentesi storica della vita del Premio, dall'anno della sua nascita fino ad oggi, indubbiamente la stagione più ricca di cambiamenti epocali nel cammino dell’umanità.

Era il 1954 quando è stato concepito l’embrione del Premio Compasso d’Oro. La sua culla è stata il grande magazzino milanese La Rinascente (che deve il suo nome a Gabriele D’Annunzio) e i suoi padri sono stati Gio Ponti e Alberto Rosselli, che hanno fatto propria ed ampliata un'idea di Augusto Morello. Questi, allora a capo del mitico Ufficio Sviluppo, poi Centro Design del megastore meneghino, “per sottolineare la necessaria combinazione di utilità e bellezza” (Archivio La Rinascente) nel 1953 aveva organizzato la mostra Estetica nel prodotto, in cui “viene riconosciuto per la prima volta il valore culturale e formale dei prodotti industriali e si generano le premesse che porteranno, l’anno successivo, alla nascita del premio Compasso d’Oro” (di Maria, Fontaneto). Infatti nel 1954 vedrà la luce il Premio La Rinascente Il Compasso d’Oro che nel 1958 diventerà semplicemente Premio Compasso d’Oro, quando La Rinascente lo donerà all’ADI, che lo gestisce tutt’ora.

Il Premio veniva e viene ancora assegnato ai migliori progetti destinati alla produzione industriale, “che hanno saputo raggiungere una felice sintesi unitaria tra la qualità estetica del prodotto e le sue caratteristiche tecnico-funzionali […] per contribuire allo sviluppo della coscienza culturale nella progettazione di beni di consumo, e al miglioramento dello standard qualitativo della produzione italiana.’’ Così scriveva nel 1954 l’imprenditore Aldo Borletti, figlio del fondatore di La Rinascente e suo direttore all’epoca della nascita del premio, mettendo in luce i postulati a cui il premio ha tenuto fede anche negli anni successivi.

A proposito del nome del premio, nel libro, Enrico Morteo ci ricorda che a sceglierlo è stato Albe Steiner “il quale, durante una riunione preparatoria, estrasse dalla tasca un compasso di Goeringer che gli era stato regalato dalla scultrice Jenny Mucchi. Più che destinato a tracciare perfette circonferenze sul piano, si tratta di uno strumento usato dagli scultori per definire nello spazio i rapporti di armoniose proporzioni in sezione aurea, la più classica misura del bello. Il nome era trovato: Compasso d’Oro. Lo stesso Steiner disegnò il marchio del premio, mentre spettò a Zanuso e Rosselli tradurre quel disegno in un compasso vero e proprio”, che poi costituisce il trofeo che viene consegnato ancora oggi ai premiati.

Dunque Compasso d'Oro non significa che il trofeo del premio è in oro (anche se il suo colore gioca su questa ambiguità), è detto d'oro perché si ispira al compasso inventato dal fisico e pittore Adalbert Goeringer per misurare il Numero d'oro (1,618) e la Sezione Aurea.

È stato quindi Albe Steiner, allora art director di La Rinascente, a progettare il logo del Premio Compasso d’Oro, e tra il 1953 e il 1954 ha ideato quel compasso divenuto iconico che in tutto il mondo è simbolo di eccellenza nel design.

“L’armonia dei rapporti aurei era nella testa di un grafico geniale come Steiner, un dotto segno di unitarietà degli apporti creativi. Era l’emblema di un'idea progressiva di progetto che vedeva uniti, con pari rilevanza, architetti e designer, artigiani e produttori, grafici ed artisti. Era l’affermarsi di una linea italiana. L’armonia moderna del compasso di Steiner, suggello di razionalità e bellezza, doveva diventare infatti il simbolo più forte del design italiano e un punto di riferimento per il disegno industriale internazionale." (Mario Piazza)

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Logo del Premio La Rinascente Il Compasso d’Oro disegnato da Albe Steiner nel 1954; trofeo Premio Compasso d’Oro, realizzato da Marco Zanuso e Alberto Rosselli.

Bisogna poi dire che non è stato un caso se il design italiano sia nato e si sia sviluppato proprio a Milano. Ce lo ricorda Aldo Bonomi, che in un suo testo contenuto nel libro così scrive: “L’ingegner Gadda, forse per i suoi studi al Politecnico, aveva ben colto il destino di Milano quando raccontava che nei salotti milanesi attraversati dal boom economico si sentiva disquisire solo di vasellame, articoli per la casa, frigoriferi, sedie, tavoli, eccetera. Chissà cosa avrebbe scritto nella sua letteratura filosofica-innovativa da manuale di sociologia sulla piccola e grande transizione lombarda visitando oggi l’ADI Design Museum Compasso d’Oro di Milano. Vi si trovano gli oggetti del desiderio, la merce fattasi simbolo, civiltà materiale del nostro abitare che nell’intreccio dai salotti di una borghesia in formazione alle fabbriche e alle fabbrichette sino all’artigianìa, hanno disegnato sul territorio la geosettorialità produttiva che chiamiamo Made in Italy”.

“Non è un caso” ribadisce nel libro Luca Molinari “che a Milano siano nate prima la rivista Domus e poi Casabella. Che si sia consolidata l’esperienza delle Esposizioni Internazionali della Triennale che, nel dopoguerra, siano stati creati il Compasso d’Oro e l’ADI a costruire una cornice narrativa chiara in cui il motto di Gropius, poi riletto abilmente da Rogers e Ponti, dal cucchiaio alla città diventasse la vera rappresentazione di Milano e della ricerca di una coerenza interna tra pensiero economico, speranze di crescita sociale, forma della città e degli oggetti che questa abitava e consacrava a partire dal boom economico degli anni cinquanta”.

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Veduta del salone centrale dell’ADI Design Museum (ph. MLG 2022).

La Collezione storica dell’ADI Design Museum Compasso d’Oro si compone di un corpus di circa 2500 progetti, in crescita ad ogni nuova edizione. Si tratta di “un patrimonio realmente fondamentale per la cultura del progetto del nostro paese” scrive Beppe Finessi, curatore sia del volume che della stessa Collezione Storica “un archivio prezioso di oggetti e materiali che nel corso del tempo sono diventati rari: perché la nostra società ha certamente prodotto tanto ma con la stessa intensità e velocità ha anche disperso o dimenticato. […]

Un forziere pieno di oggetti in parte ancora da riscoprire, perché, se da un lato un centinaio di questi o poco più sono stati indagati con studi ripetuti e più o meno approfonditi, ed esposti in mostre monografiche, collettive o tematiche, alcune centinaia di altri progetti a suo tempo onorati e illuminati dal Premio Compasso d’Oro non sono mai più stati esposti, né pubblicati e raccontati, mentre meriterebbero sguardi e pensieri delicati”.

“Il libro si articola in tre sezioni: la prima esplora il ruolo dell’ADI Design Museum come istituzione culturale e centro di ricerca, valorizzando archivi, materiali documentali, disegni, modelli, fotografie e pubblicità come strumenti di narrazione; la seconda è dedicata all’Albo d’Oro, che raccoglie tutti i progetti premiati dal 1954 al 2022, con un’inedita linea del tempo e schede critiche dedicate a ciascun vincitore; la terza propone una riflessione critica sul design come fenomeno culturale, economico e sociale, con contributi che ne analizzano l’evoluzione attraverso i rapporti con l’arte, la filosofia, l’industria e l’innovazione”.

Nelle sue pagine, oltre ai disegni originali degli oggetti e alle loro fotografie compaiono anche alcuni Qr code che ne rendono plastici alcuni, grazie alla tecnologia di Sense Immaterial Reality, quasi a voler restituire l’impressione che si ha visitando il museo.

In quest’ultimo, poi, gli oggetti sono presentati con “un corollario documentario cucito attorno [ad essi] in modo da far emergere ragioni produttive e creative. Un espediente narrativo che permette di presentare i risultati delle edizioni storiche del premio attraverso un insieme di documenti che, pur se per frammenti, racconta il design italiano presentando i suoi protagonisti, progettisti e aziende.

Una narrazione necessariamente aneddotica che va supportata da sussidi documentari capaci di far riemergere le ragioni costitutive dei singoli oggetti, necessari più che mai all’interno di uno spaccato storico diacronico, dove per forza di cose in nessi storici dei singoli oggetti si attenuano fino a perdersi. I materiali documentali possono riguardare la fase progettuale – schizzi e prime ideazioni, disegni, esecutivi su acetato, brevetti, fino ai modelli in legno di Giovanni Sacchi nel caso di oggetti tridimensionali – ma anche materiali di corredo come fotografie e pubblicità d’epoca, libretti d’istruzione, riviste e manifesti”. (Marta Sironi)

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Due degli anni del Premio Compasso d’Oro in mostra all’ADI Design Museum, 1955 e 1964, con, accanto agli oggetti premiati, il materiale documentario che li illustra: fotografie, disegni, modelli, pagine di riviste, pubblicità, eccetera.

Il libro non propone soltanto una catalogazione degli oggetti ospitati all’ADI Design Museum Compasso d’Oro, (che ha sede in un edificio storico milanese, un tempo adibito a ricovero dei tram, magistralmente ristrutturato dagli Architetti Associati Ico Migliore e Mara Servetto), ma propone materiali di studio per continuare la ricerca, per approfondire la conoscenza del mondo del design e della realtà culturale, sociale, artistica e produttiva da cui esso trae nutrimento e stimolo.

“Un museo” ci ricorda poi Matteo Pirola nel suo saggio “è un archivio aperto, un luogo di cultura e di custodia di opere, oggetti e documenti materiali e immateriali. Un museo del design, essendo il design tutto il processo tra progetto e prodotto, non può essere un luogo dove osservare unicamente il prodotto finito, perché questo è solo il risultato e punto di arrivo di un lungo percorso. Per avere coscienza di questo bisogna conoscere tutti gli attori e tutte le azioni necessarie, indispensabili al suo compimento”.

Nel suo saggio, Anty Pansera (Compasso d’Oro alla Carriera, 2022) affronta poi il tema delle giurie selezionatrici dei premi internazionali istituite nei primi anni del Compasso d’Oro, cui hanno partecipato intellettuali e artisti di levatura mondiale, quali Herbert Read (1955), Ioannes Itten (1956 e 1957), Ludwig Grote (1956), Giulio Carlo Argan (1957, 1958 e 1959), Mario Labò (1957), Nicolaus Pevsner (1958 e 1961), Misha Blanck (1958 e 1963), Herman Olof Gummerus (1958), Pierre Vago (1959), Kaj Franck e Hans Curjel (1960), Tomàs Maldonado (1961), Esbjørn Hiort (1963), tanto per citare solamente alcuni dei nomi prestigiosi che hanno contribuito a fare di questo Premio una occasione di grande prestigio che ha saputo mantenere inalterato il suo ruolo anche nei decenni successivi. E questo anche grazie alla ricerca e al dibattito culturale che ha saputo indurre e proporre. Perché, come ebbe a scrivere Renato De Fusco nel 2010, “senza storici e critici da Dorfles ad Argan, da Maldonado a Gregotti, da Branzi a Manzini, da Frateili alla Pansera, fino a tutti coloro che, oltre a progettare, hanno anche scritto, fatto politica, contribuito alla neo-avanguardia, ecc., non solo I'ADI sarebbe rimasta modesta cosa, ma addirittura l'italian design [e di conseguenza il Made in Italy] non avrebbero avuto quelle connotazioni che li distinguono, che li rendono inimitabili”.

Tanto l'ADI Design Museum Compasso d’Oro, quanto il libro che ne illustra la Collezione Storica si propongono di assolvere a una missione didattica e scientifica al contempo, per permettere a chiunque frequenti l’uno e/o legga l’altro di conoscere e amare il mondo del design, autentica ‘reificazione’ del Made in Italy.

Perché del Made in Italy non bisogna soltanto parlare, dichiararlo e strombazzarlo, ministerizzarlo e scolasticizzarlo, festeggiarlo addirittura ‘per legge’ (con una giornata ad esso dedicata, istituita addirittura dall'art. 3 della legge 27 dicembre 2023). Il Made in Italy bisogna FARLO: pensarlo, progettarlo, realizzarlo, produrlo, promuoverlo, commercializzarlo e magari pure studiarlo: design docet, ADI dicet.

Il giorno 7 maggio alle ore 11,30 la Fondazione ADI Collezione Compasso d’Oro, ADI Associazione per il Disegno Industriale e ADI Design Museum presentano, alla presenza del Ministro della Cultura Alessandro Giuli, il volume “Compasso d’Oro. ADI Design Museum – Collezione Storica”.

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