Speciale

Diario Russo 29. I patrioti

17 Dicembre 2022

Il secolo sovietico, come si intitolava un fortunato libro di Moshe Lewin, ha attraversato le vite della gente comune, sconvolgendole tra attese e illusioni, trionfi e tragedie. La rivoluzione d’Ottobre e la costruzione dell’Urss sembrava essere la realizzazione dell’anelito di un mondo migliore, espresso in decenni di lotte politiche e sindacali, dove a esser signori della Terra sarebbero stati i lavoratori. Uno stato d’animo particolare, di cui oggi si ha poca memoria, e da cui parte il bel libro di Sana Krasikov I patrioti, tradotto da Velia Februari e pubblicato da Fazi editori lo scorso novembre.

La scrittrice d’origine ucraina e di lingua inglese, già autrice di numerosi racconti e brevi storie pubblicate dalle principali riviste letterarie statunitensi, attraverso la storia di Florence Fein, una giovane ebrea americana trasferitasi in Unione Sovietica alla ricerca dell’amor perduto e di una società più giusta, fornisce un quadro avvincente e tragico della storia delle relazioni tra i due grandi paesi nel corso dei decenni.

Il sentimento che domina il libro è l’insicurezza, causa delle decisioni a prima vista impulsive dei protagonisti: la Grande Depressione e l’amore per un ingegnere sovietico portano Florence Fein a partire per l’Unione Sovietica, diretta verso una delle grandi imprese dell’epoca staliniana, la costruzione della città di Magnitogorsk; è sempre il cuore a portarla verso Mosca, dove andrà incontro a una certa stabilità per qualche anno, trovando impiego alla Banca centrale sovietica.

A far naufragare il precario equilibrio dell’americana in Urss sono le repressioni staliniane di fine anni Trenta, in cui si troveranno intrappolati altri cittadini statunitensi privati del proprio passaporto e inviati nei campi di lavoro. Nelle pagine della Krasikov l’incertezza assume i caratteri dell’accerchiamento soffocante, dell’incubo diventato realtà di essere abbandonati e di non poter credere a nessuno, neanche a sé stessi, perché paura e stanchezza, dolore e illusione, dettano reazioni e decisioni. Soprattutto è degno di nota come l’autrice riesca ad indicare la sottile e controversa linea di passaggio presente tra l’essere vittima e collaborare con i propri carnefici, in un gioco perverso dove la posta non è solo la propria salvezza fisica, ma anche quella spirituale.

La saga familiare continua con il figlio di Florence, Julian, la cui infanzia passa in un orfanotrofio dopo la morte del padre Leon, sospettato di simpatie sioniste, e la detenzione della madre. Proprio Julian, riuscito negli anni Settanta a emigrare negli Stati Uniti e ad avere una buona carriera nell’industria petrolifera, ricostruisce il passato della madre, fino alla fine fedele alle sue illusioni. In un viaggio a Mosca per recuperare il figlio Lenny, invischiato in una vita fintamente agiata e piena di insidie lavorative, Julian riesce a ottenere il fascicolo della madre custodito negli archivi dell’Fsb, scoprendo episodi e momenti di cui non era a conoscenza. 

Florence Fein e la sua famiglia non sono mai esistiti, ma le loro storie sono le vite di chi aveva attraversato l’Atlantico al contrario per contribuire a costruire il paradiso dei lavoratori, trovandosi poi schiacciato dal Terrore staliniano, senza possibilità di fuga (per le autorità statunitensi si trattava di pericolosi sovversivi, che spesso avevano contribuito a inviare in Unione Sovietica). Soprattutto I patrioti è un libro prezioso, perché fornisce diverse prospettive e angolazioni, animato non da facili condanne ma da un tentativo di capire e comprendere scelte e destini, spesso condizionati da vicende storiche dominate da una tragica, irrisolvibile, grandezza.

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