Il tempo di leggere prima di partire

22 Luglio 2014

Si parte, si chiude, si prende tempo, si smette di lavorare e si sta all’aria aperta. E soprattutto si legge. I libri appena usciti, quelli che abbiamo in casa, quello appena comprato o quelli consigliati e accumulati.

 

 

Sono geloso delle mie letture, almeno tanto quanto spio sempre quelle degli altri, i libri sui loro tavoli e perfino quelli che stanno leggendo i vicini sui mezzi pubblici, per non parlare di quelli nelle conversazioni delle serate con persone che non conoscevo prima. Le ragioni della gelosia sono sempre un po’ insondabili un po’ sempre le stesse, in questo caso anche inutili, quindi non mi dilungo. Giocherò quindi il gioco mescolando sincerità ed altro, i libri e sé.

 

Anch’io prima di partire per una vacanza di una certa lunghezza e che immagino piena di tempo per leggere mi agito per la scelta da fare, ma sono metodico: due romanzi, un libro di poesie, tre di saggi, uno di arte contemporanea che è il mio campo, uno di musica che mi piace tanto, il terzo di teoria, se così si può dire. È già troppo, so che non ce la farò a leggerli tutti – leggo molto lentamente, purtroppo – ma è bene averli con sé, tipo coperta di Linus. Poi si infila sempre qualcosa di imprevisto, o si bleffa: in ogni caso avrò con me il tablet con una quantità di ebook e pdf che vi lascio solo immaginare (tutti quelli di doppiozero, per esempio, ma molto molto altro, non si sa mai).

 

Dunque, so già che mi porterò, al di fuori delle categorie che ho appena indicato, Ritratti italiani di Alberto Arbasino, perché lui è sempre fuori dagli schemi e dice e racconta cose che non leggi da nessun’altra parte, perché è esilarante e incontenibile, perché è inimitabile, coltissimo e signorile – tutto il contrario di me.

Di arte contemporanea ho deciso per Il radicante (brutto titolo) di Nicolas Bourriaud, perché è da un po’ che non ne sentivo più parlare, dopo l’estetica relazionale che l’ha reso famoso in tutto il mondo e poi quella di postproduzione che è stata molto più criticata, e sono curioso di vedere dove è andato a parare: multiculturalismo e globalizzazione naturalmente, ma secondo quale chiave e atteggiamento, dopo aver decantato la discrezione di un Gonzalez-Torres e un Tiravanija? Ma mi porto anche – e già sforo – una biografia di un artista del secolo scorso in inglese, per tenermi esercitato in questa lingua almeno nella lettura: sono indeciso tra una di Man Ray, di Neil Baldwin, anche perché l’anno prossimo farò il corso sul Surrealismo e potrà comunque anche essermi utile, e una di Alfred Stieglitz che mi ha appena regalato un’amica – e così leggo anche di fotografia.

 

Di musica ho qui sul tavolo da più di un anno due libri che non ho ancora trovato il tempo di leggere se non spiluccando qualche pagina nei ritagli di tempo. Sono i Fogli multicolori di Mario Bortolotto e Musica ai limiti di Edward W. Said, entrambi raccolte di scritti brevi per giornali, supplementi, riviste – un genere che mi scoraggia un po’ nella lettura in volume, perché non mi dà il senso della continuità e della compiutezza di un discorso. Forse all’ultimo li sostituisco con II silenzio non esiste, naturalmente su John Cage, di Kyle Gann, che è anche più piccolo e maneggevole.

 

Per la poesia la scelta è dura, perché ho accumulato diversi libri ed esito tra un classico e un autore più recente. Vorrei che fosse un libretto piccolo e intenso, che mi faccia sognare, meditare, rallentare il ritmo, da leggere in spiaggia all’imbrunire. Potrei portarmi qualcosa di Pierre Reverdy o l’antologia di Mark Strand L’uomo che cammina un passo avanti al buio, diversissimi tra loro, certo, ma sono i primi che mi vengono in mente. Forse quest’ultimo, che conosco meno e mi ispira molto.

Romanzi ancora non so, anzi per la verità già lo so. Ho preso Cartongesso di Francesco Maino, di cui ho letto una recensione convincente e perché parla della regione di provenienza di mia moglie e so che farà piacere anche a lei leggerlo, poi devo leggere – nel senso del lavoro – un paio di raccolte di racconti di Julio Cortázar, che ho visto peraltro in libreria stanno riproponendo in occasione del centenario della nascita. Mi interessano in particolare i racconti “illustrati”, con le virgolette perché il tema e il problema è appunto questo del rapporto tra testo e immagini. Già che ci sono infilo in valigia anche Calamaio mistico di Renato Ranaldi, “autobiografia romanzata”, com’è definita nel risvolto, di un artista davvero particolare e sottostimato, come capita spesso in Italia per chi è fuori dagli schemi, disegnatore eccezionale e scrittore acuto e molto divertente.

 

Poi, confesso, so di poter contare anche sul paio di romanzi che sicuramente porterà mia moglie facendosi consigliare da mia figlia, che ne legge molti e ha un gusto da vera lettrice, senza scrupoli dettati dal lavoro o dagli effetti collaterali del lavoro.

 

Mi basteranno?! Sembra che parta per non so quante settimane, ma in effetti questi libri sono scelti non solo per le due settimane di mare, ma anche per le settimane seguenti, non volevo sembrare né troppo incerto né esagerato. Ho qualche giorno ancora per decidere tra le esitazioni, e poi mi manca un libro di saggi, come dicevo all’inizio, diciamo così di “teoria”. Qui sceglierò davvero all’ultimo minuto, secondo l’umore, gli scrupoli professionali, i timori, i calcoli dei pesi. Ho un incredibile bellissimo Atlas of transformation scritto tutto da studiosi dell’Est Europa qualche anno fa su tutti i temi appunto della trasformazione negli ultimi decenni, dalla sociologia alla politica all’economia ai vari ambiti della cultura, affrontati dal loro punto di osservazione. Ne ho già letto qualche voce – è fatto a voci, tipo enciclopedia, quale effettivamente vuole essere – e le sorprese e gli spunti sono davvero moltissimi e inconsueti. L’estate, almeno la mia, è dominata da questo desiderio enciclopedico di rifarsi di tutto ciò che si è trascurato, parlo appunto sempre per me, durante l’anno. Chissà!

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