Speciale

Vivere in un crostaceo

13 Settembre 2025

La prima volta che mi imbatto nel borgo medievale di Colletta di Castelbianco, nell’entroterra di Albenga (provincia di Savona) è intorno alla fine degli anni Novanta. Il borgo risale al XIII secolo (per lo meno l’edificio fortificato che ne é al centro) ed è stato a lungo sotto il dominio dall’antica famiglia dei Del Carretto, nella sua posizione particolarmente sensibile per i traffici fra Piemonte e Liguria. Abitato fino all’Ottocento e poi in gran parte finito in abbandono, deve la sua rinascita al lungimirante progetto del grande architetto Giancarlo De Carlo (già autore del recupero del centro storico di Urbino). In contemporanea, va detto, Colletta viene cablata sperimentalmente dalla Telecom mediante un sistema di trasmissione dati in fibra ottica, per quei tempi all’avanguardia, e dotata per ogni unità abitativa di un accesso veloce ad Internet.

Per me che mi occupo da sempre di memoria ed ecomemoria Colletta ha rappresentato, non a caso, la visione plastica di un pezzo organico di passato (la sua sopravvivenza integrale quasi unica nel panorama dell’area e non solo) proiettato nel futuro. Antico e futuro, la corposità della pietra e l’impalpabilità dei bit: non a caso il luogo si è chiamato a lungo, con un apparente ossimoro, il borgo telematico (un unicum per l’epoca, in anticipo di circa 10 anni) immaginato come residenza di vacanza ma anche di lavoro consentendo una sorta di smart working, ante litteram, ambito da inglesi, norvegesi, svedesi oltre che da qualche pioniere italiano. Dualità lavorativa e abitativa già presente, paradossalmente (così era in genere in passato) negli edifici originari del borgo, con al piano terreno il ricovero degli animali, ai piani intermedi le funzioni abitative e in alto, un terrazzo parzialmente coperto su cui venivano svolte le operazioni di trasformazione dei prodotti agricoli.

k

Ecco perché Colletta è stata per me una duplice emozione, facendomi sentire parte di una comunità “in pietra” che però mi parlava di futuro, dove le case sono una a ridosso dell’altra, interno ed esterno si connettono e si integrano attraverso giochi di scale esaltate dal recupero di De Carlo nel disegno del borgo definito dall’architetto a forma “di crostaceo”, flessibile, con appendici articolate, costituite da pezzi mobilmente congiunti fra loro. E dove i diversi livelli dell’abitato, i tetti piani che servivano un tempo come depositi ed essicatoi di prodotti agricoli, dai cereali alle castagne, sono collegati da rampe insieme contrafforti capaci di scaricare le reciproche tensioni.

Tra i suoi sentieri, i passaggi interni, le scale ad arco rampante, il gioco armonioso di vuoti e pieni, le piccole aperture sui muri esterni incorniciate da contorni in calce, ci si sente come dentro a un organismo vero e proprio, cresciuto lentamente (a questo proposito si veda il volume scritto in gran parte dalla comunità cosmopolita dei residenti o quasi tali: Colletta di Castelbianco. Dal XIII secolo ad oggi. From the 13th centuryto the present day, Rivierahouse sas Italia 2019). In mezzo ai vicoli e ai suoi quartieri anche i bit e i primi echi di Internet diffuso nel borgo mi erano parsi del tutto compatibili con il sotto e il sopra delle antiche pietre con il dentro e il fuori dei locali: quasi parte di suoni e immagini tra il visibile e l’invisibile che la sua urbanistica ci rimanda.

k

Certo oggi il miracolo di Internet appare un po’ appannato ma il futuro del borgo (monito in generale per altri luoghi) è affidato, in forma esemplare, al progetto di De Carlo così attento al contesto naturale in cui è sorta Colletta e ai suoi equilibri interni dove è il materiale a condizionare la tecnica della costruzione – come afferma lui stesso – e la grandezza degli spazi che non sono mai più grandi di quattro metri, sempre “voltati”, che si compenetrano l’uno con l’altro. Dove l’architettura – prosegue – continua ad essere modificata da chi la usa così da divenire essa stessa parte della natura e della storia.

k

Colletta è stata scelta di recente, tra altri borghi italiani, per il progetto Tre Torri esito del workshop di autocostruzione partecipata condotto da Mattia Paco Rizzi e Luigi Greco, fondatori del GRRIZ che hanno coordinato studenti francesi, dalla vicina Provenza e italiani, raccontato da Emanuele Piccardo, tra i protagonisti, e Giacomo Airaldi nel libro Abitare la vacanza a cura di Emanuele Piccardo e Maria Pina Usa, Silvana Editoriale 2023. Uno degli obiettivi del lavoro è stato quello di ripensare gli spazi pubblici e il senso delle architetture nei territori: a Colletta in particolare ci si è impegnati sullo spirito del progetto di De Carlo volto a esaltare la dimensione verticale del borgo e le sue torri che si sviluppano però anche orizzontalmente colonizzando la roccia. A partire da questo presupposto il gruppo ha progettato tre torri in legno di castagno (esposte nell’area verde del cosiddetto teatro telematico) dove ognuna di esse definisce uno spazio intimo da cui intravedere il paesaggio tutto intorno enfatizzando al tempo stesso il “concetto di focolare” come spazio comune dove raccogliersi.

Spazio comune, spazio intimo, verticalità e orizzontalità: percezioni che si avvertono quasi in equilibrio camminando per Colletta nel gioco di volumi sempre scomposti e ricomposti, a segnare una continuità incessantemente reiventata nel tempo.

Leggi anche:
Antonella Tarpino | Paesaggi fatati delle Langhe
Antonella Tarpino | Archivi del Nord Nord
Antonella Tarpino | Civiltà verticali: Narbona di Castelmagno
Antonella Tarpino | Gli Etruschi, il fascino dei non-antenati?
Antonella Tarpino | L’Ecomuseo parla con una App
Antonella Tarpino | I ribelli del tempo

Se continuiamo a tenere vivo questo spazio è grazie a te. Anche un solo euro per noi significa molto. Torna presto a leggerci e SOSTIENI DOPPIOZERO