Il crocifero

24 Settembre 2025

Chissà se il signore che alla cerimonia di addio di Charlie Kirk reca sulle spalle la croce di Gesù, debitamente munita di rotelle, sa che esiste una specifica figura nella liturgia della Chiesa Cattolica addetta a questo strumento: il crocifero, dal latino crux e fer, “colui che porta la croce”. Si tratta del ministrante cui spetta nelle cerimonie religiose il compito di recare la croce cosiddetta astile, issata su una lunga asta. In altre occasioni, come si vede in un celebre libro di Ferdinando Scianna dedicato alle feste religiose siciliane, la croce sempre di legno viene portata in spalla con fatica e patimento. La croce richiama la Via Crucis, una delle istituzioni create dal Concilio di Trento, una specifica forma di religiosità popolare con cui la Chiesa di Roma contrastava la diffusione della Riforma protestante di Martin Lutero nelle valli del Nord dell’Italia. Certo la foto del funerale diffusa dalla Reuters ha qualcosa di leggermente farsesco: la giacca, il piede sinistro ben calzato leggermente sollevato da terra e l’assenza di sforzo. È una vera croce di legno, ma è anche una croce pragmatica, americana: dotata di rotelle, come un trolley o un carrello della spesa del supermercato. 

Come hanno scritto l’altro ieri i giornali di tutto il mondo, la cerimonia per Kirk è stata il perfetto connubio di religione e politica, un elemento che ancora mancava a Donald Trump. Inoltre, presentava al mondo la figura del primo martire della causa trampiana: Kirk è stato fatto santo senza passare attraverso nessun miracolo, o meglio il miracolo è quello di conferire al grande peccatore, ora Presidente – condannato per vari reati, ma estinti per superiore potestà –, un’identità religiosa. La foto ci fornisce una perfetta immagine della religione americana, ancora di più delle persone che abbiamo visto al rito di massa mentre cantavano tenendo le mani levate in alto e scandendo ritmicamente: Alleluia! Trentatré anni fa il grande critico letterario americano Harold Bloom ha pubblicato un libro intitolato La Religione Americana (Garzanti, 1994), con il sostantivo e l’aggettivo in maiuscolo; il sottotitolo era una perfetta definizione delle innumerevoli religioni sorte in USA nel corso del XIX secolo, compresa quella di Kirk: L’avvento della nazione post-cristiana

L’America, spiegava il critico, ha eretto a fondamento della propria ideologia pratica la libertà, parola che è risuonata a Glendale in più d’un discorso. Libertà nel contesto della Religione Americana “significa essere soli con Dio, o con Gesù, il Dio americano o il Cristo americano”. L’altra parola che spiega in modo perfetto il raduno funebre per Kirk è “solitudine”. Gli americani sono soli, spiega in una antologia di narrativa Gianni Celati e Daniele Benatio (Storie di solitari americani, Bur 2013), soli con Dio come sostiene Bloom: “un Dio che è a sua volta isolato e solitario, un Dio libero o, in altri termini, un Dio di libertà”. Come accade che il sé delle persone entri così in comunanza spirituale con Dio? Il sé americano, spiega l’autore, “non è parte della Creazione, o dell’evoluzione del susseguirsi delle età”. Non è l’Adamo della Genesi, “bensì un Adamo ancora più primordiale, l’uomo venuto prima che ci fossero gli uomini e le donne”. Una cosa difficile da capire per noi europei che viviamo immersi nella Storia e nel Tempo: “Questo vero Adamo, che precede gli angeli nel tempo ed è loro superiore, è antico quanto Dio, è più antico della Bibbia ed è libero dal tempo e incontaminato dall’immortalità”. Questa è la vera forza della Religione Americana, indipendentemente dalla congregazione cui si appartenga. La conseguenza sociale e politica di tutto questo è la grande forza immaginativa che la religione produce negli americani stessi. 

Non esiste una vera teologia di questa religione, neppure in senso lato. Tutte, comprese le chiese conservatrici o reazionarie che abbiamo visto palesarsi nelle figure dei loro predicatori – oggi il loro pulpito sono i social – si fondano sulla Bibbia, per quanto, ripete Bloom, la loro teologia si riduce a pochi passi evangelici o a citazioni delle lettere di San Paolo. Se l’America ha avuto un teologo questo è stato Ralph W. Emerson, scrittore, poeta e filosofo, scrive Bloom. Riguardo all’America Emerson s’è espresso così: “Grande paese, menti limitate. L’America è informe, non ha nessuna terribile e magnifica sintesi”. Guardando l’ecclettismo e la mescolanza di religione e politica – ma anche di politica e religione – dell’altro ieri a Glendale, non si può non convenire con Emerson: nessuna sintesi, un guazzabuglio di situazioni e motivi, oltre che di intenzioni, così ben rappresentate da Dan Beasley, questo è il nome del crocifero. L’America è un paese pragmatico, come la croce con le rotelle, ma anche informe. Donald Trump è lui stesso una realtà personale e politica informe, come la religione di Kirk, e così tutto quello che si è manifestato in Arizona nel raduno di 200.000 uomini e donne. Ma c’è un’aggiunta fondamentale nelle prime pagine del libro di Harold Bloom: “L’essenza del credo americano è la convinzione di essere amati personalmente da Dio, e tale convinzione è condivisa, secondo i sondaggi Gallup, da quasi nove americani su dieci”. 

Guardando le immagini dello stadio riempito da una folla non più dedita allo sport, bensì alla religione, non si può non pensare che il critico abbia ragione quando definisce “revivalistica” l’esperienza sacra degli americani: “tende ad assumere per l’individuo la caratteristica della riscoperta perenne e traumatica di qualcosa che si è sempre saputo, cioè che Dio ci ama, uomini e donne, in modo assolutamente personale e diretto”. Lo si è visto e sentito da Erika Kirk, la moglie del martire. La differenza tra noi europei e gli americani è sintetizzata da un’affermazione di Spinoza che Bloom ha tratto dalla Etica del filosofo. Per noi chiunque ami Dio di un amore sincero non deve aspettarsi di essere amato. Qui sta lo specifico della Religione Americana: Dio mi ama. Una convinzione che lascia stupiti e che probabilmente non possiamo capire fino in fondo. Dan Beasley è così sicuro con la sua croce in spalla munita di ruote che la fanno scivolare quasi senza peso, da non lasciar trasparire nessuna fatica o dolore, o altro sentimento di sofferenza nel recarla con sé fino al centro dello stadio. Si sentirà amato da Dio? Probabile di sì, e la cosa riguarda perfino il Presidente americano, perfetto miscredente. L’ha detto in occasione dell’attentato da cui è uscito illeso: Dio mi ama. Miracoli della Religione in America, la Terra dell’Imbrunire, come la definisce Bloom, una terra avviata a un tramonto che non sarà né semplice né leggero per lei. E con ogni probabilità anche per noi dall’altro lato dell’Atlantico.

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TAGGED: Charlie Kirk